Coldiretti va in campagna… elettorale

2018-02-09T17:40:48+02:009 Febbraio 2018 - 17:36|Categorie: Mercato|Tag: , , |

Anche Coldiretti si prepara alle elezioni politiche del 4 marzo. Le prime avvisaglie delle grandi manovre si sono avute nel mese di gennaio. Prima, con le dure prese di posizione sulla vicenda del Grana padano: il presidente di Coldiretti Lombardia, Ettore Prandini (noto anche come ‘Prendini’), in vista della recente assemblea consortile dichiara a reti unificate: “E’ inconcepibile che ci sia chi, pur restando all’interno del Consorzio, continui a realizzare formaggi similari e a venderli come se nulla fosse. È necessario che venga fatto rispettare l’articolo 39 dello statuto del Grana Padano che prevede la decadenza dalla carica di componente del Consiglio di amministrazione per tutti coloro che si rendono responsabili di non lecite attività concorrenziali riferite soprattutto alla commercializzazione di formaggio similare”. Un’ingerenza pesantissima in una situazione già di per sé molto delicata.

Nel frattempo, la confederazione apre un altro fronte. Con il solito metodo di telefonate e mail ‘calate dall’alto’ piene di dichiarati preconfezionati, chiama a raccolta tutti i suoi iscritti per una vera e propria azione di ‘mail bombing’ sul sito della Commissione europea. Il 5 gennaio, infatti, è stato pubblicato il tanto atteso regolamento europeo sull’indicazione d’origine dell’ingrediente primario in etichetta per i prodotti alimentari. Si tratta, per il momento, di una bozza in lingua inglese, che la Commissione ha sottoposto a una consultazione pubblica tra il 4 gennaio e l’1 febbraio.

Ed è qui che Coldiretti si è scatenata. Il grosso dei commenti, tutti italiani, sono infatti concentrati tra il 12 e il 13 gennaio: ben 32 utenti, su 143 che hanno risposto da tutto il mondo, sono intervenuti attaccando la bozza. Le accuse? Un regolamento troppo soft, che non prevede l’indicazione d’origine di tutti gli ingredienti e soprattutto non introduce l’obbligatorietà della dichiarazione.

Ma come mai i nostri connazionali si sono infiammati proprio in quei due giorni e tutti con lo stesso identico punto di vista? Il 12 gennaio, guarda caso, Coldiretti pubblica un articolo pomposamente intitolato: ‘L’Unione europea insegue l’Italia sull’etichetta d’origine’. Dove si ripete il mantra dell’italianità a tutti i costi e si nomina anche la consultazione pubblica. Dopodiché parte il tam tam di commenti a senso unico. Ma la mobilitazione delle truppe coldirettiane viene allo scoperto il 7 febbraio. Dal Veneto del governatore Zaia, proprio quel giorno, parte infatti il road show elettorale di Coldiretti. Ciò che si chiede è la sottoscrizione del manifesto politico da parte di governatori regionali, assessori e candidati. Cinque punti per il nuovo governo. O meglio, cinque punti da sposare per ottenere l’appoggio elettorale di Coldiretti e poter attingere all’immenso bacino dei suoi voti. Queste le richieste: etichettatura obbligatoria per tutti i prodotti agroalimentari; trasformazione del ministero dell’Agricoltura in ministero del Cibo; processi di semplificazione a favore delle imprese agricole; eliminazione del segreto sulle importazioni di prodotti alimentari; leggi sui reati agroalimentari.

Il tempo ‘concesso’ al governo per attuarle? Cento giorni. E chissà cos’hanno in mente per i restanti quattro anni e nove mesi. Ma se Coldiretti ha i suoi cinque punti, noi abbiamo sempre le nostre dieci domande per loro. Che ancora attendono una risposta. A cominciare dai 2 milioni di euro di stipendio per il segretario generale, Vincenzo Gesmundo. Colui che di recente ha spiegato ai giovani agricoltori che, nella vita e in campagna, “occorre fantasia”. Più che fantasia, diciamo che “occorre fantascienza”. Visto il suo stipendio stellare… 

Torna in cima