L’Antitrust contro Coldiretti: è un “player del lattiero caseario”, oltretutto poco trasparente

2019-07-02T12:12:00+01:0028 Giugno 2019 - 13:00|Categorie: Formaggi|Tag: , , , , , , , |

“L’Autorità rileva come, a causa dell’indisponibilità di bilanci contabili pubblici relativi a Coldiretti (intesa quale sistema di cui fanno parte sia la confederazione nazionale che le varie diramazioni locali), non sia possibile avere un quadro informativo sulle sue partecipazioni societarie, e più in generale le sue attività economiche rilevanti”.

A formulare questa pesantissima accusa verso Coldiretti, nel suo bollettino settimanale del 24 giugno, è nientemeno che l’Autorità garante per la concorrenza e il mercato. Che in poche righe mette a nudo la vera natura di quella che risulta essere, da anni, la vera cabina di regia delle politiche agroalimentari di questo paese. Che ispira, sovrintende, boccia e pretende provvedimenti, contributi e azioni politiche. Ma non è finita. Scrive ancora l’Antitrust: “Risulta da fonti aperte come quantomeno strutture territoriali di Coldiretti – in specie, una federazione provinciale – siano attualmente titolari di partecipazioni in importanti imprese nazionali operanti nel settore lattiero caseario. E ciò, per di più, in partnership con primari operatori del medesimo settore che sono attivi produttivamente sia in Italia che all’estero. Risulta altresì che negli organi direttivi e rappresentativi di Coldiretti, sia a livello di confederazione nazionale che di singole federazioni locali, siedano persone fisiche detentrici di interessi diretti in imprese del settore lattiero caseario”.

Cosa ha spinto l’Autorità a esprimere un parere così duro sull’organizzazione guidata da Ettore Prandini e Vincenzo Gesmundo? La vicenda risale al 2017 ma è anche di strettissima attualità, tanto da far pensare che il parere sia stato diffuso in questi giorni non per caso. Nel 2017 Coldiretti chiede al ministero della Salute, tramite istanza di accesso civico, la comunicazione, da parte delle imprese italiane del settore, dei dati su latte e prodotti lattiero caseari (entrate, uscite, transiti e depositi). Il rifiuto del Ministero spinge Coldiretti a ricorrere alla giustizia amministrativa, ma il Tar del Lazio rigetta l’istanza con la sentenza n. 2994/2018. Infine, l’appello al Consiglio di Stato che, con la sentenza n. 1546 del marzo 2019, stabilisce nel paragrafo 21: “l’obbligo dell’Amministrazione intimata di dare corso alla seconda domanda di accesso civico dell’Associazione appellante, previa attivazione e conclusione della procedura di confronto con i potenziali controinteressati”. Una conclusione che non convince il Ministero della Salute, che il 16 aprile invia all’Agcm una richiesta di parere sulle conseguenze derivanti dalla comunicazione a Coldiretti di tali dati, in particolare sulle dinamiche di mercato. E qui arriva il bello.

Nel bollettino n. 25 del 24 giugno 2019 il Garante spiega che quelle richieste sono “informazioni commerciali sensibili”, tali da ridurre “in maniera significativa le naturali incertezze del confronto competitivo tra imprese” e da avere rilevanza “in una prospettiva antitrust nel caso in cui fossero scambiati tra concorrenti”. Poi la lunga serie di stoccate alla Confederazione, giudicata un player attivo nel settore, ma, soprattutto, poco trasparente. E anche una considerazione di assoluto buon senso, che non avrebbe certo dovuto richiedere un intervento dell’Antitrust: “E’ notorio come alla Coldiretti siano associate molte imprese attive nel lattiero caseario, alle quali l’organizzazione fornisce diversi servizi, comprese consulenze aziendali, per i quali la disponibilità dei dati potrebbe costituire sia una primaria risorsa sia un elemento di differenziazione rispetto ai servizi resi da imprese concorrenti”.

Conclusioni? “Non si può escludere che dalla trasmissione a tale organizzazione dei dati possano derivare pregiudizi alle corrette dinamiche di mercato”. Questo parere non è solo una risposta alla richiesta del Minsal, ma costituisce di fatto anche una bocciatura indiretta all’articolo 3 del decreto emergenze agricoltura, pubblicato il 28 maggio in Gazzetta Ufficiale, in cui si impone alle aziende la comunicazione di questi e altri dati sensibili, capaci – sembra abbastanza evidente – di svelare strategie aziendali produttive e di marketing. Della norma mancano ancora i decreti applicativi. Ma l’obbligo è legge, con tanto di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e sanzioni relative, che possono arrivare fino alla sospensione dell’attività commerciale. E ora cosa accadrà di quella norma? Come si comporterà il governo? E’ chiaro che se l’esecutivo dovesse procedere ugualmente, emanando il decreto applicativo, si andrà verso un nuovo ricorso all’Autority. Che difficilmente ribalterà un parere espresso, in modi differenti, anche in passato. Ma soprattutto: il registro del latte è un danno per le imprese di un settore vitale per l’economia italiana. E l’Antitrust non avrebbe potuto dirlo in modo più chiaro. Non da ultimo, ci sarebbero da fare i conti col pesante velo che il Garante ha messo sulla trasparenza di Coldiretti, che pure siede regolarmente nelle stanze che contano e preme i bottoni delle politiche agroalimentari italiane. La politica farà finta di niente, ancora una volta?

Alice Realini

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