L’intervista a Fausto Ligas, prima puntata. “Coldiretti: è tutto un credere, obbedire, combattere”

Ecco la prima parte dell’intervista esclusiva a Fausto Ligas (ex presidente di Coldiretti Siena), pubblicata sulle nostre newsletter settimanali venerdì 16 dicembre. Potrete leggere la seconda puntata, con tanti retroscena, sul prossimo numero delle newsletter del settore food di Tespi Mediagroup, in uscita il 23 dicembre. Tra gli argomenti: la gestione dei contributi Pac, lo strano caso di Bonifiche Ferraresi e del pastificio Ghigi, i rapporti tra Gesmundo e il Cnel, la vicenda dei contributi al settore cerealicolo, l’albero della vita di Expo.

 

Fausto Ligas è un allevatore di Siena. Ha ereditato la terra da suo padre e, nonostante la chiamata del Monte dei Paschi per un lavoro, quando era ragazzo, ha scelto di fare lo stesso mestiere. “A distanza di anni mi sa che ho fatto proprio bene (ride, ndr). Certo, il mio è un lavoro faticoso. Ma non resterò mai senza”. Fausto Ligas, però, non è solo un allevatore. E’ stato, per 41 anni, un socio di Coldiretti, con cariche anche importanti, come quella di presidente di Coldiretti Siena. “Sono stato presidente fino a quando non ho osato contraddire Vincenzo Gesmundo (segretario generale dell’organizzazione, ndr) il vero, indiscusso capo supremo di Coldiretti. E, siccome tutti i membri del consiglio di amministrazione erano dalla mia parte, tanto che confermarono la fiducia nei miei confronti con un voto unanime, Gesmundo, semplicemente, ha commissariato Coldiretti Siena”. Da allora Fausto Ligas ha scritto a tutti, cercando un chiarimento. Al presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo, ha inviato dieci lettere per chiedere le ragioni di questa defenestrazione. Tutte senza risposta. Qualche giorno fa un altro suo collega, Danilo Tamisari, ha subito lo stesso trattamento, reo di aver accettato un posto, in un consiglio di amministrazione, non gradito a Gesmundo. E così, presa carta e penna, Ligas gli ha scritto una lunga lettera aperta (leggi qui).

La prima domanda è d’obbligo. Cosa l’ha spinta a scrivere questa lettera?

Quando si esce dalle righe, in Coldiretti, si viene buttati fuori. Leggere di Tamisari, che cercava, come me, di portare avanti certe idee in favore degli agricoltori, mi ha convinto a scrivere ancora. Lo sa che ho inviato ben 2.500 e-mail a giornali, trasmissioni televisive e radiofoniche, per chiedere di poter raccontare la mia vicenda, essere ascoltato, messo a confronto con Vincenzo Gesmundo o Roberto Moncalvo?

E le risposte?

Zero. Ma lei ha mai letto articoli contro Coldiretti sui giornali nazionali? No. Invece tutti i loro comunicati stampa e i sondaggi trovano sempre ampio spazio.

Ma perché Coldiretti fa tanta paura?

Si è costruita, negli anni, un potere immenso. O meglio, Vincenzo Gesmundo se lo è costruito. Non è certo un caso che sia stato lui ad annunciare, alla presenza dell’ex premier Matteo Renzi, il sostegno al referendum per il sì, in occasione del Mandela Forum, a Firenze. Mentre invece, ora che il no ha vinto, è Roberto Moncalvo a metterci la faccia rilasciando interviste. D’altronde, è Gesmundo che lo ha messo lì. E se vuole mantenere il posto, e il vitalizio, deve semplicemente obbedire. Perché così funziona in Coldiretti: si deve obbedire, sempre. D’altronde, la frase preferita di Gesmundo, di fronte a qualsiasi perplessità dei soci, è solo una: “Dovete avere fede”. E gli agricoltori chinano la testa.

Non solo loro, però. Anche certi ministri, al Brennero con la casacca gialla…

Non ho mai visto un ministro del Lavoro, ad esempio, indossare la casacca della Cgil. Ma, d’altra parte, i ministri dell’Agricoltura sono sempre stati “opzionati” da Coldiretti. Quindi da Gesmundo. E si torna sempre lì. Le manifestazioni al Brennero (foto) sono il modo che usa per tener buoni gli agricoltori. Una sorta di camera di sfogo dove far sbollire la rabbia, rincorrendo chimere. Ovviamente non cambia nulla, il giorno dopo le merci continuano a viaggiare. E ci mancherebbe che non fosse così, l’autarchia è roba vecchia di un secolo e il protezionismo va poco d’accordo col libero mercato.

(Fine prima puntata)

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