Roma – Nessun commissariamento, nessuna sanzione. All’interno del Decreto Crescita, approvato il 23 aprile dal Consiglio dei Ministri, appare molto ridimensionato il capitolo ‘Tutela del made in Italy’ (leggi qui). Ai proprietari di marchi storici del made in Italy che intendono delocalizzare o chiudere stabilimenti (con relativi licenziamenti) basterà motivare la decisione al ministero dello Sviluppo economico, spiegando le azioni per trovare un nuovo acquirente. E se questo dovesse mancare, si potrà accedere ai ‘Fondi speciali’ che il Mise predispone per le riconversioni industriali (non più i 100 milioni inizialmente proposti, ma solo 30). Il Dl prevede anche la creazione di un ‘registro dei marchi storici’ per i brand italiani esistenti da almeno 50 anni, oltre a provvedimenti per aiutare start up e pmi a produrre brevetti e a tutelarsi sui mercati esteri. Per garantire l’italianità contro l’italian sounding, nasce il contrassegno ‘made in Italy’: un simbolo grafico facoltativo, ma a pagamento (carte valori al Poligrafico dello Stato). Però, dato che non si possono imporre ulteriori adempimenti sugli operatori italiani rispetto ai competitor europei, il contrassegno varrà solo per i mercati extra Ue. Ci sarebbe poi anche il divieto di registrare marchi evocativi o lesivi di località o enti italiani, peccato che il Dl valga solo in Italia e non possa quindi essere applicato oltreconfine.
Decreto crescita: ridimensionate le misure per la tutela dei marchi storici
Irene2019-04-26T10:57:24+02:0026 Aprile 2019 - 10:37|Categorie: Mercato|Tag: decreto crescita, dl crescita, legge pernigotti, made in Italy, marchi storici, mise|
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