Molti nemici molto onore. Ma sarà vero?

2021-02-08T17:14:27+02:008 Febbraio 2021 - 17:14|Categorie: Editoriali del direttore|Tag: , |

Molti nemici molto onore. L’espressione, a dire il vero, non mi è mai piaciuta. Porta sfiga. Chi l’ha pronunciata è finito male. Per questo il problema, per uno che fa il giornalista, non è avere nemici o amici ma raccontare la verità. Se poi questo comporta schierarsi da una parte o dall’altra e quindi farsi degli avversari, ebbene ciò rappresenta il pericolo, e il bello, del mestiere.

L’introduzione è per spiegare, una volta per tutte, perché da queste colonne, come pure dai nostri siti internet ogni tanto (spesso) ci scagliamo contro questo o quello. In molti mi dicono: “Prima o poi qualcuno ti gambizza”. Mah, non credo si arrivi a questi livelli. Per ora, comunque, mi sono assicurato.

Ma torniamo al nodo della questione. Non ho pregiudizi di sorta con nessuno, non c’è qualcuno che mi sta più sulle palle rispetto ad altri, nessuno mi ha pestato i piedi tanto da farmi incattivire. Negli anni abbiamo messo nel mirino molti personaggi, famiglie, aziende e/o associazioni. Senza cattiveria ma per dovere di cronaca. “I nostri atti ci seguono” scriveva Paul Bourget. Proprio quello che abbiamo raccontato. Fatti, accadimenti, scelte economiche e di vita che hanno portato a conseguenze, drammatiche a volte. E’ utile però precisare una cosa: mai ci siamo accaniti contro chi ha sbagliato. Tutti commettono degli errori. Chi più chi meno. Quello che invece dà fastidio e fa arrabbiare è la supponenza, l’arroganza, i comportamenti alla marchese del Grillo. “Io so io e voi non siete un cazzo”. Quelli li abbiamo sempre stigmatizzati e perseguiti.

Ecco allora una breve descrizione degli antefatti che hanno portato alla scrittura di articoli di grande successo, a dir il vero, nella platea degli operatori del settore. Che hanno avuto come protagonisti: Ferrarini, Coldiretti, Zonin, Eurospin.

Cominciamo con la saga dei Ferrarini. Sui concordati delle loro aziende abbiamo profuso fiumi d’inchiostro. Ma è utile fare un passo indietro negli anni per capire da dove nasce tanto fervore agonistico. Era il 19 maggio 2013. Lisa Ferrarini partecipa a un incontro sull’export, organizzato in occasione di Tuttofood. L’allora presidente di Assica (associazione di cui non pagava le quote, ma questo lo abbiamo scoperto dopo) spara a zero contro l’Ice. Queste le sue parole: “Nessuno ci da una mano ad esportare. Non esiste il ministero del Commercio estero. E l’Ice è stata dapprima chiusa e poi riaperta. Abbiamo aspettato 16 mesi e adesso cosa succede? Non giriamoci intorno: l’Ice non esiste. Al di là di alcuni funzionari che malgrado tutto cercano di fare qualcosa. E non parlo del resto: ad esempio, non esiste una banca italiana per l’esportazione. In Francia sono 50 anni che esiste il ministero del commercio estero. Il 50% del vino francese va all’estero. Ecco allora che, non avendo aiuti da nessuna parte, i nostri dati sull’export sono incredibili. Ma dove andiamo in questa situazione? Rimane la vergogna di non aver una macchina italiana che ci aiuti all’esportazione. Ricordo che tutta la filiera alimentare vale 130 miliardi di euro. Vogliamo tenerne conto?”.

Parole dure, durissime. Che subito rimbalzano a Roma. Immediata la reazione dell’Istituto che chiede conto dell’intervento. Lisa dagli occhi blu minimizza e addossa tutte le colpe al giornalista presente (Angelo Frigerio) che ha distorto e amplificato le sue dichiarazioni. Peccato che all’incontro sia presente proprio una funzionaria dell’Ice che conferma parola per parola quanto scritto sul sito alimentando.info. Brutto gesto. La cosa mi procura un certo fastidio ma non di più. Non così invece l’atteggiamento del fratello Luca nei confronti di una giornalista del programma La gabbia, condotto allora da Gianluigi Paragone. Il fratello di Lisa, davanti ai cancelli del sito di Reggio Emilia, di fronte alle richieste di spiegazioni sull’operato dell’azienda, l’apostrofa con parole volgari. La scena è stata rimossa dalla rete ma ne possediamo la registrazione. Bene, fin qui si tratta di comportamenti maramaldeschi, sicuramente di dubbio gusto. Il livello dello scontro invece sale quando vengono alla luce le malefatte dei responsabili delle banche del Nord Est: Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza. Luca Ferrarini è coinvolto, suo malgrado. Deteneva 544.704 azioni di Pop Vicenza. Prima valevano circa 34 milioni di euro. Con il crac, accettando un rimborso, ne avrebbe incassati circa 5 milioni. Raccontiamo la vicenda ma riceviamo la lettera del suo avvocato che ci intima di non parlare più delle questioni riguardanti la famiglia.

Non sono un tipo permaloso, per niente, ma le lettere degli avvocati sono come la muleta, ovvero il drappo rosso che si mette davanti al toro nelle corride. Di solito lo fa solo incazzare e così carica. Ma quel giorno mi prende bene. Il mio avvocato risponde per le rime alla lettera e tutto finisce lì.

Non così invece quando si palesa in tutta la sua drammaticità la situazione debitoria dei Ferrarini. Quando la famiglia chiede i concordati, con debiti per 118 milioni di euro per Vismara e 193 milioni per Ferrarini, arrivano in redazione gli echi dello scandalo. E quando sento al telefono gente che piange perché deve ricevere piccole o grandi somme, che fanno la differenza fra la vita e la morte, aziendalmente parlando, allora le cose cambiano.

Cominciamo a scrivere raccontando, con dovizia di particolari, quanto accaduto. Non lesinando critiche.  Ma soprattutto facendo emergere le contraddizioni di questa vicenda. Evidenziate dal commissario giudiziale Cadoppi che nella sua relazione parla di: “Operazioni finanziarie avventate”, “disordinati intrecci di garanzie”, “comportamenti finalizzati esclusivamente a rappresentare una situazione falsa”. Ma la cosa che più fa discutere sono i comportamenti di Lisa Ferrarini che, incurante della gravissima situazione in cui versavano le sue società, ha continuato a pontificare con interventi su vari media, forte della sua carica di vice presidente di Confindustria per l’Europa. Lei che non pagava le quote di Assica, associazione confindustriale di cui le sue aziende facevano parte, per un ammontare di circa 50mila euro, si erge a vate dell’imprenditoria, bacchetta la politica, spiega a tutti come “fare export”. Comportamenti che sono continuati nel tempo, sul Sole 24 ore, quotidiano di Confindustria, e in Tv, sino alle recenti ospitate a Carta Bianca, programma in onda su Rai tre.

È questo che fa la differenza. Non gli errori, pur gravi, ma la voglia di protagonismo, più forte dell’amore alla verità.

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