Dopo tre annate difficili, anche il 2025 si annuncia un anno nero per la nocciolicoltura italiana, si legge su Il Sole 24 Ore. Secondo le stime della Cia-Agricoltori Italiani, a raccolto appena iniziato le rese sono già in calo del 60%, con effetti pesanti non solo per gli agricoltori ma anche per l’industria della trasformazione, dalla gelateria alla produzione di creme spalmabili.
“Rispetto a una resa normale di 20 quintali a ettaro, io ne sto raccogliendo cinque”, spiega a Cia Daniela Ferrando, produttrice dell’Alessandrino, che attribuisce il crollo al cambiamento climatico. Tuttavia, la crisi non riguarda solo l’Italia: “A causa delle gelate primaverili, la produzione è calata anche in Turchia, dove si coltiva il 70% delle nocciole mondiali”, sottolinea Pier Giorgio Mollea, titolare della Marchisio di Cortemilia (Cn). “Questa carenza sta portando da un lato a un aumento dei prezzi delle nocciole, che è quasi raddoppiato, e dall’altro a uno spostamento di interesse verso la mandorla”.
Nel settore gelateria, Fugar guarda a nuovi potenziali Paesi fornitori: “Il Cile ci sta mandando proprio in questi giorni alcuni campioni da assaggiare, che hanno quotazioni competitive”, dichiara il consigliere delegato Davide Gola, ricordando come anche il pistacchio inizi a scarseggiare. “Così, il mondo del gelato inizia a guardare a nuove materie prime, come per esempio il mango e la maracuja”.
La nocciola resta però ingrediente chiave per la pasticceria italiana. “Riteniamo indispensabile la convocazione di un tavolo di filiera nazionale dedicato”, afferma Cristiano Fini, presidente Cia, “Occorre affrontare in modo organico le criticità attuali e rafforzare gli investimenti mirati alla ricerca e all’innovazione aziendale, strumenti importanti per restituire competitività e prospettiva al comparto”. Sulla stessa linea Giovanni Battista Mantelli (Venchi): “Non vogliamo cercare nocciole altrove. Serve una visione di lungo periodo in cui produttori, aziende e consorzi collaborano per rafforzare la filiera”.