Milano – Si attestano a 3 milioni di tonnellate i consumi mondiali di olive da tavola. Il dato, elaborato da Consiglio oleicolo internazionale (Coi), Ismea e Masaf, conferma la forte dinamica di un comparto che negli ultimi trent’anni ha visto crescere il consumo globale del 194%, trainato sia dai Paesi produttori sia da mercati lontani dalla tradizione mediterranea come Usa, Brasile e Canada. Un ruolo di primo piano è ricoperto anche dall’Italia, al tempo stesso produttore, consumatore ed esportatore.
Il punto sul settore, in Italia e all’estero, è stato tracciato durante un incontro al Castello Orsini di Castel Madama (Roma), organizzato da Assom, l’associazione dei produttori di olive da mensa, e da Assitol, l’associazione delle aziende olearie. “Vogliamo mettere in evidenza qualità e sicurezza delle olive da tavola italiane”, spiega Angelo Moreschini, presidente Assom.
Le aziende aderenti generano 307 milioni di euro di fatturato e trasformano 60mila tonnellate l’anno, per il 58% di origine nazionale. Resta però lo storico deficit produttivo, che impone il ricorso alle importazioni per far fronte a una domanda in aumento. Una criticità che può trasformarsi in opportunità: la produzione di olive da mensa può infatti rappresentare una leva di diversificazione per molte aziende olivicole dotate di cultivar a duplice attitudine.
Per Igor Calderari, responsabile scientifico Assitol, il rafforzamento del comparto passa da una maggiore rappresentanza internazionale e dalla definizione di standard condivisi su qualità, gusto e sicurezza.