L’edizione 2025 si chiude con numeri in decisa crescita. Molto soddisfatti gli espositori italiani, nonostante alcune lacune organizzative. Il vero grande neo? Che è e resta, di nome e di fatto, una fiera francese.
C’era grande attesa per l’edizione 2025 di Wine Paris, in scena dal 10 al 12 febbraio. Da un paio d’anni, la rassegna francese è stata da più parti indicata come ‘l’astro nascente’ delle fiere internazionali del vino, grazie anche a un efficacissimo tam tam mediatico. Ma la realtà ha saputo soddisfare le aspettative? Lo abbiamo chiesto ad alcune aziende italiane presenti in fiera. Che all’unanimità hanno confermato: anno dopo anno, Wine Paris è sempre più un punto di riferimento per il mercato mondiale del vino. Con un grande ‘Ma’.
Iniziamo dai numeri. Secondo gli organizzatori, Wine Paris 2025 si è chiusa con presenza di aziende superiore del 30% rispetto all’edizione 2024, pari a 5.300 espositori. In dettaglio: +81% l’Italia (con oltre 1.000 espositori), +81% anche la Germania, cui si aggiungono il +64% della Spagna e il +67% del Portogallo, solo per citarne alcuni. C’è poi il dato sui visitatori, in crescita del 25% sul 2024, per un totale di 50mila persone.
A convalidare questo exploit di pubblico sono gli stessi espositori, che sin dal primo giorno hanno notato un’affluenza decisamente in crescita. “Ho trovato la fiera già molto viva sin dalle prime ore del mattino, con una presenza marcata di visitatori da tutto il mondo, molti provenienti dall’Asia. Un segnale inequivocabile del fatto che la manifestazione si sta affermando su scala mondiale”, racconta il direttore commerciale di Cantine 4 Valli, Massimo Perini. Lo stand dell’azienda si trovava nel padiglione 6, dove quest’anno sono state posizionate quasi tutte le aziende italiane. Un indubbio salto di qualità rispetto al passato, quando gli italiani erano posizionati un po’ qua e un po’ la tra i padiglioni.
“Il vero problema quest’anno”, spiega Francesca Sgarzi, di Cantine Sgarzi Luigi, espositore storico di Wine Paris, “erano gli spazi, decisamente troppo angusti per accogliere un flusso di visitatori che è praticamente raddoppiato, ma anche per ospitare comodamente aziende che, per partecipare, hanno fatto un investimento non indifferente”. L’impressione condivisa è che la fiera sia cresciuta forse troppo in fretta, con evidenti difficoltà nel gestire una così elevata affluenza.
“È una fiera in decisa crescita, anche se non ancora completamente sbocciata. Resta ora da vedere come ProWein saprà reagire a questa competizione”, afferma il direttore marketing di un’azienda che è tornata a Wine Paris dopo cinque anni di assenza. “Finché il pubblico dei due appuntamenti resterà diversificato – aggiunge un altro espositore – noi continueremo a esporre in entrambe le rassegne. Certo è che, se solo gli enti fieristici fossero capaci di accordarsi rispetto a un calendario eventi davvero poco sostenibile per noi aziende, non ci troveremmo a dover fare una scelta”.
C’è poi un fatto incontrovertibile. Nonostante la sempre maggiore rilevanza nel panorama fieristico internazionale, Wine Paris è e rimane, prima di tutto, una fiera francese. “A differenza di ProWein, Wine Paris non si svolge in un territorio neutrale tra i due maggiori Paesi produttori di vino, l’Italia e la Francia”. Un bilanciamento che, aggiungiamo noi, con molta probabilità non avverrà mai. Chi si aspetta che a Vinitaly italiani e francesi siano messi nella condizioni di competere ad armi pari?
Il dato finale però resta: quest’anno Wine Paris ha soddisfatto le aspettative degli italiani. E se ready-to-drink e dealcolati si sono confermati grandi protagonisti delle novità presentate in fiera, il vino convenzionale si conferma il catalizzatore principale per il pubblico internazionale alla ricerca di un prodotto italiano di qualità.