Roma – Vetro, alluminio, Pet e multistrato poliaccoppiato alla prova del riciclo. Questi quattro materiali, tra le prime scelte per il packaging f&b, sono stati al centro dello studio ‘La riciclabilità dei materiali per contenitori: la specificità del vetro’ condotto dal professor Vincenzo Maria Sglavo dell’Università di Trento e presentato da Assovetro. Studio che ha valutato l’impronta ecologica dei quattro contenitori, la produzione del materiale vergine, il processo di trasformazione e la produzione con materiale riciclato. Il vetro, stando all’analisi, rappresenta quello che nella sua produzione richiede i minori quantitativi di energia, e dunque è responsabile di inferiori emissioni di CO2 ed è associabile a consumi di acqua trascurabili, se confrontato con gli altri tre materiali. Con un tasso di riciclo stimato dell’81,9% al 2024, risulta avere tutte le carte in regola per essere riusato e riciclato infinite volte senza mai perdere le sue qualità intrinseche.
A vincere la sfida del riciclo anche l’alluminio, mentre il multistrato non supera il 40%. Multistrato e allumino sono i peggiori per consumo di acqua rispettivamente con 1.350 lt e 1.000 lt ogni kg, il vetro consuma invece solo 14 lt per kg di materia prodotta. La minor impronta di CO2 tra i quattro contenitori esaminati si riscontra nella produzione di vetro e multistrato, rispettivamente 600 grammi per kg e 1 kg ogni kg. Il minor utilizzo di energia per produrre un kg di materiale riciclato vede in testa il vetro 9 Mj/Kg, seguito dal multistrato con 24 Mj/Kg. Il vetro sconta però la sua alta densità: una bottiglia da 500ml pesa circa 15 volte in più, ad esempio, di una lattina di alluminio della stessa capacità. Infine, come emerge dallo studio, il vetro e l’alluminio godono di raccolte e schemi di riciclo consolidati.