Roma – Il settore italiano della pasta torna al centro di tensioni commerciali con gli Stati Uniti. Le principali aziende italiane sono sotto accusa di dumping, con l’amministrazione americana che minaccia dazi fino al 100%, rispetto all’attuale 15%. La situazione si è complicata quando Donald Trump ha rilanciato su X un post che suggeriva presunte trattative commerciali bilaterali tra Italia e Washington, aggirando le regole europee. Il post, in realtà originato da una fan e non da Trump, non riguardava specificamente la pasta, ma i dazi in generale, creando una percezione errata di trattativa autonoma dell’Italia fuori dall’Ue.
Palazzo Chigi ha subito smentito qualsiasi negoziazione autonoma: ogni interlocuzione con gli Stati Unirti resta circoscritta a un dossier specifico e viene condotta in pieno coordinamento con Bruxelles, titolare esclusiva delle politiche commerciali dell’Ue. Anche la Commissione europea ha confermato il coordinamento con Roma sul tema dei dazi antidumping, sottolineando che non esistono accordi separati con Washington.
Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha difeso la filiera italiana, evidenziando che eventuali dazi sulla pasta provocherebbero forti ripercussioni sul mercato e sull’opinione pubblica. Sul fronte politico interno, le opposizioni chiedono chiarimenti alla premier Giorgia Meloni, accusandola di ambiguità nei rapporti con gli Usa e di potenziale indebolimento della posizione europea dell’Italia. Per il comparto agroalimentare, l’esito delle trattative sui dazi rappresenta un nodo cruciale per l’export verso gli Stati Uniti, mercato da oltre 900 milioni di euro all’anno, con possibili impatti su costi, strategie commerciali e relazioni transatlantiche.