Canberra (Australia) – Dopo la pasta, è la volta delle conserve di pomodoro italiane a finire sotto la lente dell’Australia per presunte pratiche di dumping. L’Antidumping Commission (Adc) australiana sta indagando da oltre un anno su passate e pelati italiani venduti nel Paese a prezzi ritenuti sotto costo, a seguito di un reclamo di Spc Global Holdings, colosso locale del food & beverage. Secondo l’authority, gli esportatori italiani avrebbero offerto prodotti a prezzi “dumpati o sovvenzionati”, comprimendo il mercato domestico, anche se non è stata rilevata una lesione materiale all’intera industria australiana.
Il governo australiano dovrà decidere entro gennaio se imporre dazi, come già accaduto nel 2016. La Commissione osserva tuttavia una crescente preferenza dei consumatori locali per prodotti italiani, confermata dai dati del 2024: l’Australia ha importato oltre 155mila tonnellate di conserve di pomodoro, di cui circa 95mila tonnellate dall’Italia, per un fatturato di 117 milioni di euro, in crescita costante negli ultimi cinque anni.
Il governo italiano ha definito il reclamo “infondato e non giustificato”, mentre la Commissione europea segnala il rischio di un uso “disinvolto” degli strumenti antidumping, che potrebbe creare tensioni commerciali, in un momento critico per i negoziati su un accordo di libero scambio Ue-Australia, fermi dal 2023 per divergenze sul settore agricolo.