Milano – Dimostrare che non siano stati messi in vendita non è sufficiente: basta che gli alimenti in cattivo stato di conservazione siano presenti nei locali dell’esercizio per configurare il reato previsto dall’art. 5, lettera b), della legge n. 283/1962. Lo stabilisce la Corte di Cassazione, Sezione III penale, con la sentenza n. 22632 del 17 giugno 2025, che ha annullato una precedente assoluzione pronunciata dal Tribunale di Trieste, come riporta il sito d’informazione foodandtec.com.
La vicenda riguardava il titolare di un pubblico esercizio trovato in possesso di cibi in cattivo stato di conservazione all’interno di un frigorifero, situato però nel magazzino del locale. Il Tribunale aveva assolto l’imputato sostenendo che, in assenza di prova della destinazione alla vendita, il fatto non sussiste. Verdetto ora ribaltato dalla Suprema Corte.