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Concordato Vismara: le ragioni del NO

2020-11-26T09:30:33+02:0024 Novembre 2020 - 15:23|Categorie: Carni, Salumi|Tag: , , , , , , |

“Private e avventate operazioni finanziarie”, “disordinati intrecci di garanzie”, “crescente opacità di comportamenti”. Nella relazione del commissario giudiziale, le scelte dei Ferrarini che hanno provocato il dissesto. Ora la parola passa ai creditori che dovranno approvare o meno la proposta della famiglia. Che appare fragile e poco credibile.

Reggio Emilia, giovedì 19 novembre: davanti al giudice Niccolò Stanzani Maserati, del tribunale della città emiliana, si svolge l’adunanza dei creditori Vismara. Presente in aula anche Lisa Ferrarini, Ad del gruppo proprietario dell’azienda su cui pesano 118 milioni di euro di debiti, a cui si aggiungono i 193 del concordato Ferrarini. Il commissario giudiziale Franco Cadoppi illustra la proposta che prevede il rimborso al 100% per i creditori privilegiati. Ai creditori chirografari, in gran parte fornitori, viene proposto di accettare titoli in misura pari al 20% del loro credito. Un primo piano prevedeva che i creditori conservassero i titoli per 15 anni, percependo un dividendo pari al 2,5% all’anno. Il Consiglio di amministrazione di Vismara introduce una modifica: vengono eliminati sia il limite dei 15 anni e sia quello del 20% dei crediti da recuperare. “E’ sempre prevista”, sottolinea Sido Bonfatti, legale del gruppo Ferrarini, “la possibilità, per dare una ipotesi di sviluppo alla società, che un nuovo investitore riscatti questi strumenti finanziari. A questo punto, li pagherà e non ci sarà più questo flusso eterno, altrimenti il flusso resterà fino al soddisfacimento integrale”. I creditori hanno 20 giorni di tempo per decidere se approvare il piano o bocciarlo.

I motivi del dissesto 

Fin qui la cronaca che fa tornare alla ribalta la vicenda della “piccola” Vismara, un tempo fiore all’occhiello della salumeria lombarda. Erano i tempi in cui le famiglie si costruivano, pezzo a pezzo, posti di primato nell’imprenditoria italiana ed europea. Poi arrivarono i Ferrarini e comprarono tutto, a debito, come si usava nella “new economy” a cavallo del millennio e senza avere le spalle sufficientemente robuste. Non solo, utilizzarono anche la Vismara per operazioni finanziarie “private” e “avventate”. Lo scrive lo stesso commissario giudiziale della procedura di concordato preventivo di Vismara, Franco Cadoppi, nella sua relazione per l’assemblea dei creditori: “Per tentare di sorreggere e mantenere la sostenibilità finanziaria per le loro avventate operazioni finanziarie, i Signori Ferrarini hanno coinvolto le società operative, sovrapponendo disordinati intrecci di garanzie con le società e tra di esse, al punto, come si è detto, da condizionare le scelte industriali per la necessità di non far trasparire la gravità della situazione finanziaria personale e del Gruppo. La crescente opacità dei comportamenti ha finito infragilire la Società [Vismara S.p.A.] fino al punto di non ritorno”. E ancora: “Le inopinate scelte di investimento dei soci sono certamente la causa della crisi… come detto per Vismara non sono mancate scelte commerciali e/o industriali errate”. Di più: “I comportamenti (della famiglia Ferrarini, ndr) finalizzati esclusivamente a rappresentare una situazione falsa, su cui peraltro hanno sorvolato tutti gli organi di controllo che si sono susseguiti nel tempo (non se ne trova cenno in nessun verbale o documento del collegio sindacale e nelle relazioni di bilancio redatte dai revisori che si sono succedute negli anni), confermano, anzi evidenziano e aggravano, la responsabilità degli organi sociali e di controllo riguardo la veridicità e correttezza di tutti i bilanci di esercizio relativi agli esercizi fino al 2016”. Da ultimo, un nota bene: “Se la società avesse fornito le informazioni corrette, le banche, comprese le Banche Venete che pure erano coinvolte in queste operazioni, ed i fornitori avrebbero potuto allertarsi molto prima e valutare in modo diverso la convenienza e il rischio di continuare a operare con Vismara. In altre parole, la necessità di ricorrere a uno strumento di risoluzione della crisi sarebbe emersa prima, di certo ciò avrebbe contenuto le perdite che i creditori subiranno da questa procedura”. Si potrebbe continuare a lungo. Il lavoro del commissario giudiziale è stato preciso, molto professionale e accurato. Tutte le affermazioni riportate sopra sono state accuratamente dimostrate con l’esposizione di dati e tabelle. Un lavoro certosino che ha smascherato la grave situazione in cui versava la società gestita dai Ferrarini.

La proposta concordataria 

L’ultima proposta di concordato Vismara era stata presentata dalla famiglia Ferrarini l’8 giugno 2020. Ma si comprende subito che è troppo fragile: non prevede l’ingresso di un partner industriale di rinforzo e in particolare del Gruppo Pini che, secondo quanto invece stabilito nella nuova proposta di concordato Ferrarini del 31 agosto, provvederà a subentrare integralmente nella Ferrarini S.p.A., escludendo, come in molti si augurano, la storica famiglia. Sempre nelle pagine della relazione del commissario nominato dai giudici c’è quindi un vero e proprio “de profundis” per l’asfittica proposta Vismara. Che così scrive: “La società non assume alcun obbligo giuridico e non assicura affatto ai creditori chirografari che, in futuro, tali SFP potranno trasformarsi effettivamente in denaro o meno”. Di conseguenza: “Credo non possa dubitarsi che il valore economico ragionevolmente attribuibile oggi agli SFP (destinati ad essere assegnati ai chirografi ed ai degradati) tende a zero”. Gli SFP o Strumenti Finanziari Partecipativi sono dei titoli (carta) che la proposta assegna ai creditori chirografi e che dovrebbero rappresentare, via via che maturassero i risultati post concordato, il loro diritto a partecipare ai riparti, sino a percepire la percentuale del 20% dei loro crediti (opzione successivamente cancellata, vedi sopra) prevista dal primo Piano. Ma le Sezioni Unite della Cassazione da tempo hanno stabilito che il riconoscimento in favore dei creditori di una sia pur minima consistenza del credito vantato rappresenta l’essenza di un concordato che – altrimenti – è nullo.

La posizione di Bonterre/Opas/Casillo 

C’è un retroscena da raccontare. Ai primi di novembre del 2019 la cordata Intesa, Bonterre/Opas/Casillo aveva lanciato una proposta su Ferrarini S.p.A. (mettendo comunque oltre 50 milioni di anticipo in contanti per i creditori) con l’idea di stipulare un accordo globale per affittare e poi rilevare sia Ferrarini che Vismara. Ricevendo però un secco no dal professor Sido Bonfatti, consulente dei Ferrarini, che aveva messo, nero su bianco, una disponibilità della famiglia ad “abbandonare” alla cordata solamente la Vismara. A fronte di quella manifestazione di interesse, che ormai data un anno, abbiamo chiesto ai partner della cordata Bonterre/Opas/Casillo se sussiste ancora un interesse per Vismara. La risposta – in attesa delle mosse ufficiali da effettuare all’esito della vicenda giudiziale su Ferrarini S.p.A. – è stata “sussurrata” ma netta: “Noi siamo coerenti e non cambiamo la nostra strategia. Ferrarini e Vismara ci interessano eccome e ci interessano insieme, per rilanciare come meritano due grandi imprese della salumeria italiana. Non possiamo tuttavia pensare che Ferrarini S.p.A. possa essere territorio a noi proibito, perché il nostro grande progetto non può farne a meno”. Della serie: o tutto o niente.

Le motivazioni etiche 

Chiarito il quadro complessivo della vicenda, permettetemi di fornire un mio personale parere. Fossi un creditore di Vismara voterei decisamente NO. Come sottolineato in precedenza, la proposta Ferrarini fa acqua da tutte le parti. Concede forse un ristoro risibile ai fornitori e non è accompagnata da un credibile piano industriale. Ma c’è un altro dato da sottolineare, ben più significativo. Riguarda il risvolto etico di questa saga familiare. Per anni i Ferrarini hanno continuato a lavorare con atteggiamenti arroganti e supponenti. Per anni hanno irriso i fornitori allungando i pagamenti e protraendoli nel tempo fino al concordato finale. La lista è lunghissima. E comprende grandi aziende del settore e non, come pure: consulenti, piccoli imprenditori, trattorie e negozi. Addirittura Assica, l’associazione di categoria di cui è stata presidente Lisa Ferrarini, a cui devono più di 50mila euro! Non è giusto che gente così possa continuare imperterrita a pontificare e spadroneggiare sul mercato. Avrebbero potuto vendere i loro terreni, le loro ville (fra cui una molto bella in Sardegna): non l’hanno fatto. E questo la dice lunga… C’è poi un corollario da aggiungere alla vicenda. La posizione di un sindacato. In un comunicato Enzo Mesagna della Fai Cisl, scrive che la proposta di Ferrarini: “E’ l’unica formalizzata e la sola che può consentire allo stabilimento la continuità produttiva soprattutto per quanto riguarda la salvaguardia dei livelli occupazionali. L’auspicio collettivo dei lavoratori è che l’assemblea dei creditori consideri convincente il piano concordatario messo a punto dalla famiglia Ferrarini”. A lui chiedo: e chi salvaguarda i dipendenti dei fornitori? Chi paga i loro stipendi, visto che non sono tutelati? Perché ci sono lavoratori di serie A e altri di serie B? Ha senso ed è morale salvaguardare degli imprenditori che hanno fatto quasi fallire la Vismara con ‘una crescente opacità dei comportamenti’ come ha scritto il commissario nella sua relazione? Dopo quello che il commissario giudiziale ci ha raccontato, che garanzie abbiamo che i “comportamenti (della famiglia Ferrarini, ndr) finalizzati esclusivamente a rappresentare una situazione falsa” vengano ripetuti? Ma che razza di sindacato siete? Ecco allora che la risposta giusta, corretta al piano Ferrarini per Vismara è un secco NO. A tutela degli onesti. Di quelli che pagano i fornitori. Che pagano i dipendenti. Che fanno impresa. Che rappresentano il futuro per l’Italia.

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