Diretta Cibus 2024 / Zero sprechi, la missione di Banco Alimentare

2024-05-08T13:54:03+02:008 Maggio 2024 - 10:45|Categorie: Mercato|Tag: , |

La Onlus celebra oltre tre decenni di impegno nella lotta contro la povertà, salvando ogni giorno tonnellate di cibo destinato altrimenti ad essere buttato. E collaborando attivamente con enti caritativi, aziende e istituzioni. Intervista con il presidente, Giovanni Bruno.

Di Annalisa Pozzoli

Recuperare il cibo invenduto, o non consumato, per donarlo a chi ne ha bisogno. È questa la missione di Fondazione Banco Alimentare, che nasce nel 1989 dalla volontà di quattro amici – Giorgio, Marco, Mario e Diego – di replicare in Italia l’esperienza del ‘Banco dos Alimentos’ di Barcellona. Da un piccolo magazzino a Meda (in provincia di Monza e Brianza), il raggio d’azione di Banco Alimentare pian piano si amplia nel resto del Paese, fino ad essere riconosciuta, nel 1999, come Onlus. Oggi l’attività quotidiana di recupero delle eccedenze alimentare è supportata dalla Legge Gadda. Grazie a quest’ultima, ogni giorno vengono salvate dallo spreco le eccedenze da molteplici donatori della filiera agroalimentare, restituendo nuovo valore al cibo ancora buono. In un momento in cui il numero di persone al di sotto della soglia di povertà continua a crescere, un’attività di questo tipo è più che mai importante. Tanto quanto il riuscire a gestire in maniera efficace le donazioni, anche attraverso un assetto organizzativo sempre più adeguato a una realtà in continua evoluzione. Ne abbiamo parlato con il presidente di Fondazione Banco Alimentare, Giovanni Bruno (in foto).

Quanto cibo viene sprecato nella filiera agroalimentare?

Certamente tanto: si calcola che a livello mondiale poco meno di un terzo di quanto viene prodotto va poi sprecato; secondo la Fao, nel 2022, oltre il 14% si perde prima di essere commercializzato, mentre oltre il 17% viene sprecato dai consumatori finali, dalla ristorazione e dalla vendita al dettaglio. Da notare che circa il 50% avviene nelle famiglie e quindi è per definizione ‘irrecuperabile’ da realtà come la nostra, ma questo spreco è certamente evitabile con un’educazione sempre più attenta, cosa che cerchiamo di fare da anni, a partire dalle scuole.

Quanto di questo cibo inutilizzato riesce a recuperare il Banco Alimentare ?

Lo scorso anno abbiamo recuperato dall’industria, dalla Gdo, dalla Ristorazione organizzata e non solo, oltre 45mila tonnellate di alimenti.

Come viene organizzata, in concreto, la raccolta?

È sempre più necessario un approccio di tipo direi aziendale – ci definiamo un’organizzazione aziendale basata sulla carità – per poter dialogare al meglio con le aziende e riuscire a essere sempre più ‘utili’, sia a loro, sia agli oltre 7.600 enti caritativi con noi convenzionati ai quali distribuiamo, sempre gratuitamente, i prodotti alimentari.

Quali strumenti e progetti mettete a disposizione delle insegne della Gdo per evitare che le eccedenze vadano sprecate?

Per il recupero dai punti vendita della Gdo abbiamo varato un programma che ha festeggiato i 20 anni nel 2023. Chiamato Siticibo, prevede il coinvolgimento operativo degli enti convenzionati per consentire il recupero e la gestione veloce del ‘fresco’ e del cibo prossimo alla scadenza. Lo stesso programma è attivo per il recupero del cibo cucinato dalla ristorazione, in particolare mense aziendali, ospedali, caserme, eventi con catering, e via dicendo.

Quante attività del settore agroalimentare già collaborano con il Banco Alimentare?

Sono oltre 1.500 le aziende e le insegne della Gdo che collaborano con noi in modo stabile e strutturato: a queste si aggiungono ogni anno numerose aziende che, a seconda delle necessità, si rivolgono a noi in modo saltuario e occasionale.

Quali sono le principali sfide che state attualmente affrontando, e come prevedete di superarle?

L’Istat registra una crescita costante delle persone in una situazione di povertà assoluta: siamo passati negli ultimi 10 anni dal 6,9 al 9,8% della popolazione residente, che equivale a 5.752.000 persone, di cui i minori sono oltre 1.300.000. Per noi è fondamentale cercare di capire come stanno cambiando gli assetti organizzativi, le strategie aziendali… In breve, ‘come sta cambiando il mondo’, per poter modificare anche la nostra organizzazione ed essere sempre più efficaci e ‘servire’ al meglio.

In che modo le persone possono impegnarsi con il Banco Alimentare, e quali sono le opportunità di volontariato più necessarie in questo momento?

Gli ambiti sono tanti: dal mettere a disposizione parte del proprio tempo per il ritiro e consegna dei prodotti, all’attività nelle diverse sedi. La realtà del Banco Alimentare è una rete costruita dalla Fondazione, con sede a Milano, e da 21 Banchi regionali. Le opportunità di dedicare tempo ma anche competenze non mancano. Negli ultimi anni stiamo investendo anche nel coinvolgimento di figure aziendali come ambassador della cultura della condivisione, del rispetto del valore del cibo e del suo recupero a scopo sociale. Una proposta per noi molto attuale e affascinante

Può condividere qualche storia significativa che illustri l’impatto diretto del Banco Alimentare sulla vita delle persone che assistete?

Sono decine e decine le storie che ci raccontano le organizzazioni partner convenzionate con noi, ma c’è una caratteristica comune a tutte: il ricevere un aiuto, attraverso la consegna di un pacco, anche durante la pandemia, è stato il segno di un sentirsi considerati, voluti bene da qualcuno che si occupa (e si preoccupa) di te. Un gesto capace di vincere la solitudine e di realizzare una autentica, seppur non esaustiva, inclusione sociale.

Qual è la visione del Banco Alimentare per i prossimi anni e come si sta evolvendo la vostra missione nel contesto delle crescenti sfide sociali ed economiche?

Come dicevamo prima, particolarmente importante è riuscire ad avere un assetto organizzativo sempre più adeguato alla realtà in evoluzione delle aziende. Per loro credo sia fondamentale concepire la donazione delle eccedenze alimentari come una fase ‘ordinaria’ dei loro processi produttivi, soprattutto con il crescere dell’importanza degli Esg, degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu, e dell’aumentata sensibilità e consapevolezza dei problemi ambientali legati ai cambiamenti climatici. Per noi è fondamentale crescere in una logica di azienda basata sulla carità, con una professionalità crescente. In questa ottica abbiamo avviato un progetto triennale di ricerca – con il Food Sustainability Lab della School of Management del Politecnico di Milano e con un’integrazione a cura di Fondazione per la Sussidiarietà – con l’obiettivo di raccogliere informazioni e dati utili sul tema della gestione delle eccedenze, del recupero e della donazione nella filiera agroalimentare.

Un tema che avete in programma di portare anche a Cibus…

Sì, proprio in occasione di Cibus, illustreremo i risultati della prima indagine realizzata sull’industria della trasformazione alimentare. Sarà un’opportunità unica per valutare come aumentare i volumi di raccolta e allo stesso tempo valorizzare lo sforzo delle aziende nel dare consistenza e valore ai processi di controllo, misurazione e donazione delle eccedenze, per una maggiore efficienza aziendale, una responsabilità sociale d’impresa concreta e per contribuire alla lotta allo spreco. Dalla ricerca, infatti, è emerso chiaramente come la donazione a scopo sociale sia il volano di strategie di prevenzione dello spreco, e che le due attività risultano essere complementari nel raggiungimento dello stesso obiettivo, a vantaggio dell’ambiente e delle persone in difficoltà.

 

Leggi l’intervista completa sul secondo numero di Cibus Magazine!

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