Falce e carrello 2: la vendetta

La riedizione del libro sui contrasti fra Bernardo Caprotti e le Coop è l’occasione per un attacco diretto al figlio Giuseppe. Con interventi significativi: la figlia Marina, Liliana Segre, il giornalista Lorenzetto, l’avvocato Mariconda, il manager Salza.

Di Angelo Frigerio

Premessa: non sono amico di Giuseppe Caprotti. E nemmeno gli sto simpatico. Quando è uscito Le ossa dei Caprotti gli ho scritto due lettere aperte in cui ho smontato il libro pezzo per pezzo. E ho difeso il padre Bernardo, fra i pochi giornalisti a farlo. Precisato questo, sottolineo che c’era da aspettarselo. Non si poteva lasciar correre quanto scritto nel libro di cui sopra. Quello in cui Giuseppe Caprotti, figlio di primo letto di Bernardo, demolisce la figura del padre. Con una foga e un livore obiettivamente eccessivi.

Ecco allora la risposta della figlia Marina, con la riedizione di Falce e carrello. E un sottotitolo chiarificatore: “In memoria di un uomo che non può più difendersi”. Il libro, presentato nel 2007, denunciava gli ostacoli frapposti dalle Coop all’espansione di Esselunga. Oggi la nuova edizione contiene: una lettera di Marina Caprotti, una prefazione di Liliana Segre, l’introduzione del giornalista (sic!) Stefano Lorenzetto e due postfazioni: una di Vincenzo Mariconda e l’altra di Carlo Salza.

L’ho letto tutto ma, prima di passare alla recensione del libro, ho voluto che mia moglie Margherita (Carta Fidaty Esselunga n.0400002718086) leggesse la lettera di Marina Caprotti. Il suo commento è stato: “Ma di cosa sta parlando? Cos’è successo?”. Come il bambino nella favola I vestiti nuovi dell’Imperatore, Margherita sottolinea un dato fondamentale: c’è un convitato di pietra assente (il fratello Giuseppe), come pure un libro, Le ossa dei Caprotti, citato solo nella postfazione. Non si capiscono dunque molti passaggi chiave. Meglio sarebbe stato contestualizzare il tutto, raccontando l’antefatto. Mai dare nulla per scontato!

Ma andiamo avanti: il giornalista Stefano Lorenzetto e Carlo Salza parlano di Giuseppe ma senza mai nominarlo, quasi fosse un appestato. Solo l’avvocato Vincenzo Mariconda, legale della famiglia, ha l’ardire di citarlo insieme a Le ossa dei Caprotti. Per Marina capisco le remore. Per gli altri due no. Soprattutto Lorenzetto. Che, in teoria, dovrebbe conoscere la regola delle cinque W (chi, quando, dove, cosa, perché), ma le ‘dimentica’… Il 13 febbraio è proprio lui a intervistare la figlia di Bernardo sul Corriere della Sera. Riporto la risposta alla prima domanda in cui il giornalista chiede a Marina se ha dovuto difendere la storia famigliare: “Sì. Ho avvertito l’obbligo morale di raccontare chi fu davvero Bernardo Caprotti… Non potevo accettare che venisse svilito il valore di ciò che lui ha costruito per l’Italia e che ogni giorno ci sforziamo di preservare in Esselunga. Mi è sembrato il modo migliore per replicare a un figlio che lancia le sue accuse solo a sette anni dalla morte del genitore. Se mio padre fosse stato vivo, avrebbe di sicuro reagito. L’ho fatto io per lui”.

Falce e carrello 2 è dunque un pretesto per un attacco diretto a Giuseppe Caprotti e al suo libro. Marina, in una lettera accorata, difende strenuamente il papà. Un uomo capace di grandi tenerezze pur essendo “duro e a tratti complicato, decisamente irascibile”. Una sorta di ‘calvinista’ brianzolo. Che, di questa terra a cui mi onoro di appartenere, ha preso le virtù più fulgide: l’onestà e l’attaccamento al lavoro. Liliana Segre racconta invece il suo primo incontro con Bernardo e tutto quello che ne conseguì. A partire dal sostegno alla realizzazione del Memoriale della Shoah che si trova sotto la stazione Centrale di Milano. Anche la Segre, che venne internata bambina nel lager di Auschwitz, ha tentato di leggere il libro di Giuseppe Caprotti. Questo il suo giudizio lapidario: “Ho letto un po’ di pagine, sbalordita. L’ho subito richiuso. Certi fatti io neanche li conosco, nè voglio conoscerli. Ma, da mamma e da nonna, sono rimasta molto male per l’autore. Ho capito che non è riuscito a fare pace con la memoria di quel padre così eccezionale”. È la frase più vera del libro.

Nel suo intervento, Lorenzetto tesse le lodi del Caprotti imprenditore, non ci vuole molto, e racconta di come sia stato lui a convincere il fondatore di Esselunga a scrivere Falce e carrello. Sul figlio spara a zero. Nell’esergo della sua introduzione cita Francesco Ferrucci a Fabrizio Maramaldo: “Vile tu uccidi un uomo morto”. E ancora: “A ottobre [dello scorso anno, si riferisce alla pubblicazione del libro Le ossa dei Caprotti, ndr] trascorsi ormai sette anni dalla sua morte [di Bernardo, ndr], le ossa del caro estinto e quelle degli avi sono state esposte al pubblico disprezzo dalla carne della sua carne, dal sangue del suo sangue: da uno dei suo tre figli, l’unico maschio”. Un particolare interessante: Lorenzetto racconta che si era lamentato con Bernardo perché nell’Esselunga di via Fincato a Verona trovava “solo pane precotto anziché fresco”. La risposta del patron di Esselunga fu immediata. In una mail gli scrisse: “Fra pochi mesi troverà un pane eccellente in Fincato”. E così il giornalista conclude: “Aveva fatto costruire un forno per accontentarmi”. Un forno per il pane quotidiano di Lorenzetto, non male…

La postfazione di Vincenzo Mariconda è più ‘professionale, avendo assistito Bernardo nelle sue grane giudiziarie. Racconta le battaglie legali contro le Coop che lo avevano denunciato per Falce e carrello, ma anche il contenzioso con il figlio Giuseppe. Sottolineando fra l’altro che Bernardo non cacciò mai Giuseppe che, dal 1992 al 2012, rimase a vario titolo nel Cda di Esselunga, percependo un emolumento milionario.

Da ultimo Carlo Salza, già amministratore delegato di Esselunga. Anche in questo caso la difesa di Caprotti senior è a spada tratta. Sottolinea alcuni aspetti negativi emersi nel libro Le ossa dei Caprotti e li smonta con molti esempi. Bernardo contro le novità? Al contrario, grande innovatore: nel format, nella scelta di lavorare su gastronomia e pesce, nell’introduzione del bar code (primo in Italia), nelle scelte delle location, nell’architettura dei suoi punti vendita, nella vision dell’organizzazione. Famosa la sua frase: “Poche riunioni, pronte decisioni!”. E chiude così la sua postfazione: “Bernardo Caprotti è stato uno dei più illuminati e visionari imprenditori della sua epoca e mi onoro di averlo conosciuto e di aver lavorato al suo fianco. In me rimane il ricordo di un uomo di grande spessore etico e morale e anche di grande sensibilità e intelligenza”.

Torna in cima