Verona – L’annuncio del consorzio della Valpolicella della riduzione delle rese da 50 a 45 quintali per ettaro non piace alle 12 famiglie dell’Amarone d’arte. Il provvedimento “non può considerarsi uno strumento efficace per riequilibrare la distorsione tra domanda e offerta degli ultimi anni”, si legge in un comunicato. “Il riposizionamento, per qualità e prezzo, del brand Amarone, soprattutto sui mercati internazionali, impone l’applicazione di parametri produttivi diversificati in base alla vocazione del terroir; un valore ormai sacrificato dalla sovrapproduzione”. La questione più scottante è il progressivo spostamento dei volumi di produzione dalla zona classica a quella allargata: “ Questo ha comportato un’inversione produttiva che vede, oggi, prevalere la zona allargata, dominata dalle cantine sociali, rispetto a quella classica originaria dell’Amarone”, afferma Stefano Cesari, vicepresidente delle famiglie dell’Amarone. “Infatti, allo stato attuale, la resa della zona Doc supera quella della classica di ben 10 punti percentuali: 55% (era al 49% nel 2003), contro il 45% (51% nel 2003)”. Secondo Cesari, la politica di disincentivazione quantitativa non deve essere indiscriminata, ma valutata in base a criteri qualitativi, che tengano conto anche delle difficoltà maggiori della produzione nell’originario territorio collinare, rispetto a quella in pianura.
Famiglie Amarone d’arte: “No alla riduzione indiscriminata delle rese”
RepartoGrafico2012-05-16T12:15:07+02:0016 Maggio 2012 - 12:15|Categorie: Vini|Tag: Amarone, Doc, famiglie Amarone d'arte, rese, Valpolicella, vino|
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