“Assunzioni esagerate, investimenti insufficienti sui punti vendita e sulla politica di prezzi. Ora la sede centrale paga il conto di troppe scelte sbagliate”. Intervista al sindacalista. Che avverte: “Il problema non è solo per chi esce, ma anche per chi resta”.
All’indomani dell’annuncio diffuso da Carrefour in merito al piano di riorganizzazione della sede centrale di Milano, con conseguente “impatto occupazionale” su 175 risorse, abbiamo contattato Massimiliano Genova di Fisascat Cisl Milano, firmatario, insieme ai colleghi di Filcams Cgil e Uiltucs Uil di Milano, di una lettera in cui le sigle sindacali definiscono “inaccettabile” il licenziamento, “in un contesto di grande tensione che vede da anni Carrefour assumere scelte aziendali sbagliate nel nostro Paese”.
Avete ricevuto ulteriori chiarimenti in seguito alla nota del 4 luglio?
Nulla di significativo. Venerdì si terrà la prima assemblea ‘ricognitiva’ con i lavoratori, e poi partirà l’iter di confronto con la società per capire materialmente, al di là dei proclami, cosa intendono fare.
Quindi ad oggi non avete ancora avuto uno scambio con i vertici di Carrefour?
Non dopo la comunicazione formale di avvio dell’iter. Ma tra sigle abbiamo fatto alcuni ragionamenti di carattere preliminare su come affrontare la questione.
Nella nota parlavate di una decisione “inaspettata”. Non avevate avuto sentori che potesse accadere qualcosa di simile?
Erano noti anche a noi i rumors sulla possibile uscita dell’insegna dal mercato italiano e su cui abbiamo chiesto conto alla società. Carrefour, in realtà, non ha né confermato né smentito, avvisandoci che sarebbe stata diramata a mezzo stampa – e condivisa con noi – una nota in cui l’insegna prendeva una posizione ufficiale a riguardo.
È mai arrivata?
In realtà no. Nell’ultimo feedback, ricevuto ormai diversi giorni fa, ci hanno detto semplicemente “sta arrivando”. La stiamo ancora aspettando. Una cosa però ci è stata comunicata, ovvero che la decisione attuale non è correlata alle voci sull’uscita dal mercato.
Cosa vi hanno detto esattamente?
Dopo che avevano iniziato a circolare le voci sull’uscita dal mercato, l’insegna ci ha preannunciato un’attività importante che avrebbe riguardato sia la sede centrale, sia la riorganizzazione dei punti vendita. Ma da questo al taglio di un quarto del personale di sede… Questo significa mettere profondamente in discussione una serie di scelte che per anni abbiamo criticato.
Ad esempio?
La più evidente è che adesso, per rilanciarsi, la società punta a tagliare un quarto del personale di sede. Questo significa che per anni ha assunto e sviluppato figure che oggi reputa in esubero, perché 200 persone non le assumi in un giorno. Hanno sovraccaricato di personale la sede con un’incidenza di costi sul personale non irrilevante. Mentre sono mancate le operazioni di rilancio sulle politiche di prezzo e di ristrutturazione dei negozi, anche a fronte di sollecitazioni da parte nostra. Con evidenti conseguenze sui dati di vendita, fatturato, utile e una situazione debitoria importante. Da anni Carrefour Italia perde e viene rifinanziata dalla casa madre.
Quali sono quindi i prossimi step?
Dopo l’incontro di venerdì con i lavoratori urge un confronto con l’azienda per capire, come dicevamo, qual è la strategia vera di rilancio, che farà la differenza anche per chi resta, ovvero per quel 75% di dipendenti che chiede un piano industriale serio. Perché se la politica è solo quella di ridurre i costi del personale, perseverando su un modello di Gdo che non è più in linea col mercato, il rischio è che, tra un anno o due, ci troviamo di nuovo ad affrontare decine o peggio centinaia di licenziamenti. Una spirale che a quel punto darà inevitabilmente seguito a quello che oggi è solo un rumor, ma domani potrebbe essere qualcosa di più.
Nella nota l’insegna afferma di voler accelerare la trasformazione del business in un modello incentrato sul franchising.
Da tempo puntano a potenziare il franchising, e lo hanno già fatto. Oggi vantano una rete importante di punti vendita affiliati. Evidentemente, però, questa strategia non ha dato i frutti sperati.