Di Giulio Rubinelli
La vendita al dettaglio nelle superfici moderne, siano esse alimentari o non alimentari, sembra essere un comparto tranquillo se non apparentemente statico. È entrata così pervasivamente nelle nostre abitudini quotidiane che poche volte ci sorprende come consumatori. In realtà, per i ricercatori i fenomeni molto interessanti sottesi sono tantissimi, tant’è che il flusso di clienti da un’insegna all’altra, così come le loro preferenze, cambiano notevolmente. Un primo dato della ricerca 2025 di CX Store Research (Daniele Tirelli docet): nel 2025 le famiglie italiane che dichiarano di essere clienti da 1 a 4 insegne sono il 52%, quelle che dichiarano di essere clienti di 5,6,7 o più catene di supermercati sono ovviamente il 48%. Le stesse percentuali del 2022. Il 19,5% delle famiglie ha cambiato la propria insegna preferita e la motivazione principale è la percezione di prezzi più convenienti altrove.
A conferma di questa sensibilità verso i prezzi v’è il dato di un 61% delle famiglie che si auto dichiarano “oculati nella spesa e attenti ai prezzi e alle promozioni”, qualche punto in meno rispetto al periodo dell’inflazione. A conferma di ciò un 33% dichiara di usare i volantini dei supermercati per preparare la lista della spesa.
Tuttavia per il 22% la motivazione del cambio dell’insegna è stata la qualità offerta e per il 13% lo scarso assortimento. Al proposito va tenuto in conto che il 40% della clientela si dichiara “curiosa e attenta ai nuovi prodotti e ai nuovi negozi”. In breve, pare che il compromesso tra prezzi bassi in cambio di scarsa varietà dell’offerta non sia così accettabile come spesso si ipotizza. D’altra parte cresce anche la cultura culinaria.
Il discount e le tradizioni food
Alla domanda se siamo “fedeli alle nostre tradizioni gastronomiche”, le famiglie clienti di uno o più discount (Aldi, Lidl, Eurospin, MD) sono il 73,5%, con un 33% che si serve in due di queste catene. Dunque, si può concludere che acquistare al discount è diventata una pratica normale e non più legata all’idea di reddito basso.
Si sta sviluppando, peraltro, una concorrenza intraspecifica anche tra i due discount tedeschi. Presi i 13 milioni 750mila di famiglie che frequentano Aldi e/o Lidl, quelle che frequentano entrambi sono già il 13%.
Il valore delle insegne locali
Venendo all’indicatore alla base della CX Store Research, ovvero il Customer Goodwill che misura la relazione di stima e convenienza delle insegne attraverso l’eventuale giudizio sul loro miglior rapporto Qualità/Prezzo. Si tratta di un indicatore lento, poiché il capitale di reputazione di un’insegna non può cambiare da un anno all’altro, in quanto è frutto della reiterata ripetizione d’acquisto.
Nelle cinque passate edizioni il primato è stato attribuito all’azienda Tosano che ha superato di pochi punti Esselunga e Iperal.
È interessante sapere comunque che le aziende più dinamiche da questo punto di vista sono state nell’ordine Poli, Iperal e Tigros, tutte aziende locali che proprio per questa ragione hanno potuto concentrare i loro sforzi nell’interpretazione più corretta di ciò che la loro clientela esigeva.
Le catene locali continuano ad erodere spazio a quelle classiche e nazionali, invertendo un assunto strategico degli scorsi decenni. Quelle che aumentano la propria reputation sono nell’ordine (raffronto 2025 vs 2022): Poli, Iperal, Tigros, Martinelli, Il Castori, Superpan o Pan, Mercatò, Tigre, Rossetto, Migros, Iper-La Grande I, Gulliver, Dodecà.
La forza del localismo si esprime anche nei livelli di eccellenza dei reparti dei prodotti freschi in cui meglio si esprime la maestria del retail. Sole 365, Pewex, Piccolo e Mercatò hanno avuto il riconoscimento di eccellenza negli anni scorsi.