L’altra Italia

2024-11-15T11:15:51+01:0027 Ottobre 2024 - 11:11|Categorie: Editoriali del direttore|Tag: , , |

Nel mese di settembre sono stato invitato a due eventi nel Sud Italia. Il primo a San Demetrio Corone, in Calabria, provincia di Cosenza, per la celebrazione dei 40 anni dalla nascita di Filiera Madeo. Per l’occasione sono andato anche a Spilinga, in provincia di Vibo Valentia, dove ha la sua sede L’artigiano dell’nduja. Per il secondo evento sono stato in visita al sito produttivo di San Giorgio Dolce & Salato a Castel San Giorgio, in provincia di Salerno. Tre realtà completamente diverse, ma accomunate da uno spirito imprenditoriale da far invidia alle aziende del Nord. In primis il territorio.

Filiera Madeo è in un paese in cui si fa fatica ad arrivare. San Demetrio è a 400 metri sul livello del mare, fra boschi radi, ulivi, piante di fichi d’india. Eppure lì la famiglia Madeo ha costruito un’azienda con un fatturato di circa 30 milioni di euro, con 150 dipendenti e che esporta i suoi prodotti (salumi, nduja e altro) in 26 Paesi nel mondo. L’artigiano dell’nduja è invece una piccola realtà che si sta riprendendo da un furioso incendio che quattro anni fa colpì il suo sito produttivo. Ma Luigi Caccamo e sua moglie Graziella non si sono dati per vinti e stanno costruendo uno stabilimento tutto nuovo che vedrà la luce nella prossima primavera. Anche in questo caso la collocazione geografica di Spilinga non aiuta.

Lascia stupiti infine il sito produttivo di San Giorgio. Un’azienda che realizza prodotti da forno, con un fatturato di 76 milioni di euro, una superficie produttiva di 100mila metri quadrati e 266 dipendenti. Siamo a pochi chilometri da Salerno, in una zona in cui la disoccupazione, soprattutto quella giovanile, spinge la gente al Nord oppure all’estero. San Giorgio rappresenta invece un punto di riferimento per chi intende rimanere a lavorare nel proprio territorio d’origine.

Un dato è certo: le tre aziende costituiscono un’eccellenza in luoghi dove fare impresa è oggettivamente difficile per problematiche logistiche e ‘sociali’. È un’altra Italia, dalle caratteristiche completamente diverse dal resto del Paese. La Calabria, tanto per fare un esempio, ha una popolazione di un milione e 800mila abitanti, di cui gran parte (circa un milione) disseminata fra la costa e l’interno. Fanno ridere certe statistiche che tentano di mostrare un’Italia che qui non esiste. In cui il consumatore è attento alla sostenibilità, osserva le etichette, oppure fa la dieta reducetariana o chetogenica… Ma di cosa stiamo parlando? Qui il lavoro è precario, il ‘nero’ impera e certi fenomeni, quali la presenza della criminalità organizzata, fiaccano il lavoro degli imprenditori onesti.

Facile parlare di antimafia o altro quando si ha il culo al caldo, protetti da una situazione di ricchezza diffusa (leggi Nord Italia). Venite a fare impresa in luoghi dove t’incendiano la macchina o ti sparano sette rivoltellate sulla porta dell’azienda… Qui ci si arrangia come si può. Accanto ad aziende serie che seguono tutti i sacri crismi del fare impresa, ci sono anche realtà artigianali in cui la pulizia degli ambienti, la catena del freddo, i rapporti con i dipendenti sono delle variabili al contorno.

E i controlli? Ci sono e non ci sono. Spesso il veterinario di turno chiude un occhio, e anche due. Meglio artigiani un po’ sui generis che malavitosi: questo il mantra che accomuna tanti ‘controllori’. Per questo al Sud chi fa impresa ‘bene’ è da premiare. Ho fatto tre esempi ma l’elenco sarebbe lungo e articolato. Allo Stato il compito di valorizzare queste eccellenze. Tutto il resto sono chiacchiere e distintivo.

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