Macello Manerbio/Lisa Ferrarini: “È da kamikaze pensare che il tessuto produttivo regga”

2012-10-18T09:18:59+02:0017 Ottobre 2012 - 18:16|Categorie: Salumi|Tag: , , , , |

Manerbio (Bs) – Si è svolto ieri a Manerbio, in provincia di Brescia, un convegno dedicato al progetto di costruzione del discusso macello, promossa dal gruppo Hamburger Pini. Presenti i sindacati, gli industriali del settore e i rappresentanti delle cooperative alimentari. Il giudizio dalle diverse componenti è unanime: il maxi macello rischia di danneggiare gravemente la filiera suinicola. “È da kamikaze pensare che il tessuto produttivo regga l’impatto di una simile struttura quando ogni ingranaggio della catena è alle prese con l’impossibilità di accedere al credito e con i rincari delle materie prime e dell’energia”, ha affermato la presidente di Assica, Lisa Ferrarini (nella foto). “L’Italia non è riuscita ancora a debellare patologie come vescicolare e peste che affliggono nicchie della zootecnia meridionale dagli anni 70 e che ci impediscono di esportare nei mercati più interessanti, come quelli asiatici. E con un export di carne di suini in flessione, l’apertura di Manerbio avrà come unica conseguenza la chiusura degli altri impianti che occupano 700 addetti. Gli allevatori, che oggi salutano con enfasi gli accordi ipotizzati dall’Hamburger Pini, pagheranno in futuro dazio pesante al monopolio”. Dell’impatto sulla filiera del progetto ha parlato anche Marco Bermani della segreteria generale Flai-Cisl Lombardia “L’apertura di Hamburger Pini porterà nel breve periodo alla chiusura delle sette grandi strutture regionali che, complice la frenata dei consumi legata alla recessione, lavorano sotto regime, anche per soli quattro giorni a settimana. L’investimento di 50 milioni promosso a Manerbio fra l’altro non risolverebbe nessuno dei problemi che affliggono il settore”. La questione centrale rimane sempre il reperimento dei suini per far lavorare a pieno regime un colosso capace di macellare circa 2 milioni di maiali all’anno. La produzione del bresciano si attesta al momento a 1,5 milioni di suini, quindi incapace di soddisfare l’enorme richiesta, a meno di costruire nuovi allevamenti: “Circostanza impossibile”, ha spiegato l’agronomo Riccardo Crea. “Nel comprensorio non c’è spazio neppure per un capo. Anzi, se la normativa europea sui nitrati andrà a regime, il patrimonio dovrà essere ridimensionato del 20%”. (PF)

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