Nelle ore in cui viene siglato il discusso accordo commerciale, il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare Francesco Lollobrigida illustra ad Alimentando i contrappesi che eviteranno svantaggi per le nostre produzioni.
di Andrea Dusio
In occasione del convegno ‘Quale futuro per la politica agricola comune’, organizzato venerdì 5 settembre da Federcasse e Akadémeia – la Scuola di politiche europee per il territorio – presso il Palazzo della Cooperazione di Roma, Alimentando ha intervistato il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida sui temi caldi alla ripresa delle attività istituzionali dopo la pausa estiva.
Partiamo dal Mercosur. Qual è la posizione del governo sull’accordo firmato in queste ore?
L’Italia sul Mercosur ha assunto un atteggiamento fin dall’inizio molto chiaro. Noi non abbiamo visioni pregiudiziali. Ovviamente siamo per l’apertura di nuovi mercati come Paese esportatore. Ciò non vuol dire però accettare che i nostri produttori debbano essere in concorrenza con situazioni di mercato che mettano in condizioni altri di avere costi di produzione estremamente più bassi, dovuti non all’efficientamento delle imprese ma a regole diverse dalle nostre. Noi abbiamo nella sostenibilità ambientale un elemento forte all’interno del sistema produttivo. Altri non ce l’hanno. Noi abbiamo nei diritti dei lavoratori un pilastro che altri tengono in considerazione in maniera meno attenta.
Cosa comportano queste differenze?
Quando l’Europa si apre a dinamiche di mercato e ad accordi di carattere commerciale deve anzitutto garantirsi. Abbiamo dunque più di sei miliardi di euro stanziati, per affrontare le eventuali distorsioni di mercato che possano aggredire alcuni settori del sistema agricolo, e il cosiddetto ‘freno a mano’, che permette di evitare delle problematiche di abbattimento dei prezzi dovute alle importazioni. Non dimentichiamo infine che c’è ancora un regolamento che deve essere scritto e che andremo puntualmente a verificare.
Che punti dovrà contemplare il regolamento?
Dovrà mettere in condizione di avere controlli adeguati su quelle merci che entreranno nel nostro mercato, e devono essere state prodotte con gli stessi parametri che noi imponiamo ai nostri produttori. In un quadro di questa natura ovviamente avremo come già sapevamo fin dall’inizio alcuni settori che avranno uno sviluppo dell’export molto rilevante.
Quali in particolare?
Parlo del settore industriale ma anche di gran parte del settore agricolo. Per i vini e i formaggi ci sono misure di protezione molto rilevanti nell’accordo. Ma faccio riferimenti anche ovviamente a quei settori che fin dall’inizio abbiamo detto non avremmo abbandonato perché potevano essere a maggior rischio, come il settore delle carni rosse.
Come reagirà il nostro sistema produttivo ai dazi?
È ovvio che le politiche legate ai dazi per noi non sono auspicabili, e pongono delle criticità per il mercato. Siamo abbastanza fiduciosi però che non metteranno in crisi il nostro sistema. Nel contempo ovviamente dobbiamo mettere in campo tutte le risorse e tutti gli atteggiamenti propositivi in termini normativi di semplificazione, in modo da garantire ai nostri produttori la possibilità di continuare a svolgere il loro prezioso lavoro.
A oggi, che misure ipotizzate per la nuova manovra finanziaria?
Rinconfermeremo la centralità del mondo agricolo con investimenti importanti. Stiamo lavorando per investimenti ancora più cospicui per rafforzare il sistema agricolo. Oggi l’Italia registra con il governo Meloni i più grandi investimenti mai posti in essere nella storia repubblicana sul mondo agricolo, che negli anni era stato messo ai margini. Non veniva più considerato settore primario nel senso pieno del termine, pensando fosse in qualche modo sostituibile con le importazioni. Nel decreto Coltivaitalia non c’è solo una visione che affronta le emergenze di questo tempo ma anche una visione prospettica. Andiamo ad intervenire come fece già alla fine degli anni ’70 il governo di allora con il ministro Marcora, con un’azione di rilancio che passava per il rafforzamento di alcuni di alcuni asset.
Quali in particolare?
Parliamo per esempio del settore olivicolo, con 300 milioni, piuttosto che del settore delle carni rosse, che ha vissuto negli ultimi anni una perdita di competitività, che oggi con altri 300 milioni riattiva la linea vacca-vitello, quindi la possibilità di avere vitelli da ingrasso prodotti anche nella nostra nazione. Penso poi alla crescita delle aree del Sud Italia, alla quale sono dedicati gran parte dei fondi previsti, ma anche al fondo della sovranità alimentare, che ha già funzionato nei primi 150 milioni stanziati ma che con altri 300 milioni va ad affrontare le dinamiche di sistema che mettono in crisi alcuni comparti che si trovano fronteggiare una fase di minor resilienza.