Bologna – Nel 2024 il valore dell’export food&beverage italiano ha raggiunto 67,2 miliardi di euro, posizionando l’Italia come nono esportatore mondiale e secondo Paese per crescita nell’ultimo quinquennio (+55%). Nonostante i risultati positivi, il mercato resta fortemente concentrato: Germania, Usa, Francia, Regno Unito e Spagna valgono da soli il 50% dell’export. Una dipendenza che, in un contesto di instabilità e di equilibri commerciali sempre più fragili, impone una maggiore diversificazione geografica. Sono questi i principali risultati emersi in occasione del IX edizione del Forum Agrifood Monitor, l’evento organizzato in collaborazione con CRIF e con il supporto di Crédit Agricole Italia, riportati da Il Sole 24 Ore.
Secondo le stime di Nomisma, nel 2025 il settore dovrebbe superare per la prima volta la soglia dei 70 miliardi di euro, grazie alla crescita nei Paesi Ue (+9%) e alle performance in Polonia, Romania, Repubblica Ceca e Spagna. Più debole invece l’area extra Ue (+4%), frenata dal rallentamento negli Stati Uniti, penalizzati dalla svalutazione del dollaro e dai dazi dell’amministrazione Trump. Gli Usa restano comunque un mercato strategico, soprattutto per categorie come olio d’oliva, vini, liquori e aceti, per cui incidono oltre il 25% dell’export. Secondo Nomisma, per ridurre i rischi è necessario ampliare la presenza del made in Italy in mercati ad alto potenziale come Messico, Corea del Sud, Australia e Brasile.