Roma – È ancora incerto il mercato mondiale dell’olio d’oliva. I dati pubblicati dall’Osservatorio sul mercato oleario internazionale di Certified Origins relativi al secondo trimestre 2025, rivelano instabilità dei flussi commerciali, contrazione dei prezzi medi, effetti valutari penalizzanti per l’export e strategie difensive da parte dei principali Paesi produttori. A livello europeo, il trimestre ha registrato una crescita della produzione del +40% rispetto all’annata precedente, trainata da Spagna, Grecia e Portogallo. La Spagna resta il primo produttore mondiale (1,4 milioni di tonnellate, 40% del totale globale), seguita da Grecia (250mila tons), Italia (247mila tons) e Portogallo (177mila tons) secondo stime ancora in fase di consolidamento. In Italia la produzione è in calo del 25%. Due le principali cause: le condizioni climatiche sfavorevoli e le difficoltà strutturali che continuano a colpire le principali aree olivicole del Sud.
Sul fronte commerciale, si è registrata una riduzione dei prezzi medi dell’extravergine esportato dall’Ue. Come riporta askanews, in vista della revisione dei dazi sull’agroalimentare, inizialmente prevista per il 9 luglio e poi rinviata ad agosto, si è registrato un incremento dei volumi diretti verso il mercato Usa, come effetto di strategie di anticipo lungo la filiera. Nei primi sei mesi dell’anno, gli Stati Uniti hanno importato oltre 180mila tonnellate di olio d’oliva, in crescita rispetto allo stesso periodo del 2024. Diversi operatori europei stanno anche valutando modalità differenziate per rafforzare la propria presenza negli Usa, come investimenti diretti in nuovi impianti di imbottigliamento, collaborazioni strategiche con strutture già esistenti per attività di stoccaggio o confezionamento. Nel frattempo, cresce l’interesse verso mercati alternativi, in particolare verso l’Asia e il Sud America, dove il Brasile ha proposto l’eliminazione dei dazi all’importazione di olio d’oliva e altri prodotti alimentari.