Milano – Il mercato italiano dell’olio extravergine di oliva è sotto pressione a causa di importazioni massicce provenienti da Paesi esteri, anche extra Ue, con l’obiettivo di abbassare artificialmente i prezzi all’origine della produzione italiana. A lanciare l’allarme è David Granieri, presidente di Unaprol, il Consorzio Olivicolo Italiano, che segnala la dinamica al ribasso che sta interessando il mercato nazionale. Il 13 novembre scorso, le borse merci hanno quotato l’olio a meno di 8 euro al chilo. Granieri sottolinea che il prezzo dell’olio extravergine italiano “non può scendere sotto un livello minimo indispensabile per garantire la sopravvivenza di un settore che ha mantenuto standard qualitativi elevati anche in un anno particolarmente difficile”. “Si tratta di una speculazione al ribasso – spiega Granieri ad A&F – che denigra il valore del nostro olio a livello internazionale”.
Unaprol ha chiesto al Masaf interventi immediati e concreti da parte dell’Ispettorato Centrale Controllo Qualità, sollecitando la creazione di una Cabina di Regia straordinaria per coordinare le azioni di contrasto, un piano straordinario di controlli nei porti e nei principali punti di ingresso e il monitoraggio dei contratti allo scoperto (i cosiddetti futures) presso le maggiori borse merci, che stanno influenzando l’andamento del mercato.
Sulla tracciabilità, Granieri evidenzia: “In Italia esiste il Sian, un portale pubblico che garantisce la tracciabilità dell’olio, dalla provenienza alla produzione. Da cinque anni chiediamo un Sian europeo, dove tutti siano obbligati a registrare olive e olio”.
Per quanto riguarda le borse locali, il deprezzamento partito da Foggia e Bari ha portato il prezzo fino a 1,5 euro, una cifra significativa per il settore. La situazione è aggravata dalle stime produttive: “Quest’anno la produzione complessiva è prevista in aumento del 30%, a 300 mila tonnellate. Ma nel Centro e Sud Italia, a causa del maltempo, si prevede una riduzione di circa il 60%. In Puglia, dove il raccolto è appena iniziato, non è possibile stabilire un prezzo definitivo, come invece avviene in Borsa. Questo significa che molti contratti sono stati stipulati allo scoperto, senza disponibilità reale del prodotto”. Secondo Granieri, il rischio è che nelle bottiglie finisca “roba che non è nostra. L’anno prossimo potremmo trovarci di fronte a quella che chiameremo frode”.