Oscar Farinetti e il pisello verde

2023-06-06T17:11:40+02:006 Giugno 2023 - 17:11|Categorie: Editoriali del direttore|Tag: |

“Cari ragazzi siete tanto bravi, ognuno con la borraccia salva-ambiente e tutti molto preparati. Ma siete poco arrabbiati. Io, nei vostri panni, sarei incazzatissimo. In Italia c’è un governo che vi vieta tutto: i rave, ChatGpt, il riconoscimento dei diritti dei figli di coppie gay, la ricerca sulle carni sintetiche. E come ricompensa vi lasceremo solo un mare di debiti, circa 3mila miliardi, e un ambiente devastato. È ora di protestare sul serio e fare casino come abbiamo fatto noi nel ’68”. Parole e musica sono di Oscar Farinetti, patron di Eataly, Fico e Green Pea. Le ha pronunciate lo scorso 16 maggio quando ha presentato, a Torino, la sua ultima invenzione: The Place, una piazza all’interno di Green Pea (Pisello Verde), il market della sostenibilità, dove ospitare congressi ed eventi legati alle tematiche ambientali.

Interessante l’invito del Piemontesino bello (si fa per dire) che, però, non condivido affatto. Innanzitutto sono completamente cambiate le condizioni al contorno. L’Italia del ’68 era quella del post boom economico, con una differenza marcata fra le classi. Io, figlio di operai, andavo in piazza per rivendicare una maggior giustizia sociale. La stragrande maggioranza di noi militanti aveva gli eskimo, i jeans Roy Rogers (quelli dei manovali e degli operai comuni), le scarpe da tennis da pochi soldi. Avevamo come modelli il Che Guevara e il compagno Mao Tse Tung. Ascoltavamo Joan Baez e Bob Dylan. Sventolavamo il libretto rosso e leggevamo Lotta Continua. Abbiamo scoperto più tardi che le nefandezze dei fascisti, che tanto odiavamo, erano paragonabili a quelle dei regimi totalitari comunisti. Ma avevamo degli ideali e lottavamo per ‘La fantasia al potere’. Con i genitori, i professori, i media, i politici che ci davano contro.

Oggi di tutto questo non ne vedo ombra. Ho visto le manifestazioni. La stragrande maggioranza dei ‘gretini’ indossava abiti firmati, sneakers alla moda, parka di ultimo modello: un insulto alla povertà. I loro modelli sono la Ferragni e Greta Thunberg. Ascoltano Fedez e Sfera Ebbasta. Non sventolano nulla e non leggono. Salvo rare eccezioni, sono ignoranti come zappe. Questi signorini, che sono tanto incazzati con i loro padri e/o nonni, non hanno la minima idea di quello che ha voluto dire ricostruire il nostro Paese dopo la guerra. Non hanno l’idea del culo che si sono fatti i loro nonni. Delle condizioni di vita nel ’46. Mio padre mi raccontava le quattro patate e la pagnotta che ritrovava dopo dieci ore di lavoro alla Breda. La mamma, invece, per lavorare, andava in bicicletta fino a Sesto San Giovanni (circa 20 chilometri) tutti i giorni con qualunque tempo.

Per arrivare a ‘fare’ l’Italia che i ‘gretini’ stanno sfruttando oggi, abbiamo lavorato tanto. Certo, magari anche inquinato, ma non c’erano alternative. Abbiamo usato la plastica, tanta, forse troppa, ma abbiamo anche salvaguardato le foreste che, altrimenti sarebbero state rase al suolo. Con la plastica abbiamo reso possibile la diffusione e la conservazione del cibo. Lo abbiamo democratizzato creando quelle filiere che permettono a tutti di mangiare un prosciutto cotto (tanto per fare un esempio), anche alcuni giorni dopo averlo acquistato. Abbiamo creato quelle confezioni che risolvono la cena delle mamme che, dopo una giornata di lavoro, alle 19.00, possono offrire alle loro quattro bambine (leggi mia figlia) un buon pasto caldo e nutriente. Non solo: grazie alla plastica siamo riusciti a dar da bere alle migliaia di profughi africani e non che altrimenti sarebbero morti di sete.

Stona dunque il richiamo di Farinetti. Come pure il suo invito: “Dobbiamo consumare tutti meno”. O ancora: “Dobbiamo consumare la metà pagando il doppio, solo così salviamo l’ambiente e i piccoli produttori”. Detto da uno che fa pagare i prodotti il doppio di quelli normali è tutto dire. Da ultimo vale la pena sottolineare che, come imprenditore, Farinetti ha deluso. Eataly è un bellissimo progetto, ma ha dovuto far entrare un socio al 52% (Bonomi con Investindustrial), con 200 milioni di euro, per rimetterlo in carreggiata. Fico finora è stato un flop clamoroso. Adesso lo ha ripreso in mano al 100%. Dubito fortemente riesca a farlo decollare. Anche Green Pea non mi sembra abbia avuto quel successo che il Piemontesino bello si aspettava. Meglio evitare dunque proclami e inviti alla ribellione in nome dell’ambientalismo. Il pisello verde, come abbiamo scritto in un noto editoriale, non tira più.

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