Bruxelles (Belgio) – Con un accordo a maggioranza qualificata, i ministri dell’ambiente dei 27 Paesi dell’Unione europea hanno raggiunto ieri un compromesso sugli obiettivi climatici: una riduzione del 90% delle emissioni nocive entro il 2040 (vs. dati del 1990), ma il 5% potrà arrivare da progetti in Paesi terzi (rispetto al precedente 3%). È stata inoltre introdotta una clausola di revisione della legislazione ogni cinque anni (con la possibilità per la Commissione di fare una propria valutazione ogni due anni).
“La proposta della Commissione europea è stata annacquata pur di trovare un accordo con i Paesi, tra cui l’Italia, che più si sono detti contrari in questa fase politica ed economica a target ambiziosi”, scrive Il Sole 24 Ore, che sottolinea come il testo legislativo sarà ora negoziato con il Parlamento europeo. A opporsi sono state la Polonia, la Slovacchia, la Repubblica Ceca e l’Ungheria, astenuti il Belgio e la Bulgaria.
Per le associazioni di rappresentanza di alcune industrie europee, le criticità permangono. Antonio Gozzi, presidente Federacciai, ha definito il compromesso “del tutto insufficiente”, in quanto “introduce qualche flessibilità, ma non affronta il nodo centrale della competitività industriale europea. Senza un vero piano per garantire energia a costi sostenibili, infrastrutture e sostegno agli investimenti, la transizione rischia di diventare un percorso di deindustrializzazione”. È dello stesso parere il presidente di Assocarta Lorenzo Poli che, pur “apprezzando gli sforzi”, rimarca come a una maggiore flessibilità debba accompagnarsi all’impegno ad “accelerare sulle infrastrutture energetiche e rinnovabili per rendere disponibile un’alternativa concreta per una decarbonizzazione competitiva”.