Sarà, ancora, ‘guerra del latte’ in Sardegna?

2024-12-13T15:04:57+01:0013 Dicembre 2024 - 15:04|Categorie: Formaggi, in evidenza|

L’assemblea del Consorzio del Pecorino Romano ha introdotto alcune modifiche al disciplinare. Ma, soprattutto, non ha approvato la restrizione alle razze ammesse. E subito è montata la polemica. Ne parliamo con il presidente dell’ente di tutela Gianni Maoddi.

Dopo le dure proteste che nel 2019 hanno animato il comparto del Pecorino Romano, quando i pastori sardi manifestavano per il prezzo del latte, la filiera è ancora in fermento. Lo scorso 3 dicembre, infatti, l’assemblea del Consorzio di tutela si è riunita per votare alcune modifiche al disciplinare. È stata introdotta la possibilità di fare ricorso a nuove tecnologie di produzione e di ottenere il 50% degli alimenti per il bestiame al di fuori della zona di origine. È stata pure introdotta la tipologia ‘Riserva’, stagionata minimo 18 mesi. Ma, soprattutto, non è stata approvata una modifica che avrebbe previsto la restrizione delle razze di pecore ammesse alle sole razze autoctone. La questione è dibattuta nel comparto. Per questo motivo ne abbiamo parlato con il presidente del Consorzio Gianni Maoddi.

A inizio anno aveva parlato del 2023 come di un anno da incorniciare e aveva detto che il 2024 sarebbe stato un anno di stabilizzazione: è andata così?

Nel 2024 non ci sono stati grandi scostamenti dal punto di vista sia dei prezzi, sia dei consumi. Se il mercato italiano ha subito una flessione in Gd, mentre hanno tenuto Horeca e industria, all’estero gli Usa hanno fatto segnare un incremento dell’11%. A livello globale, dunque, abbiamo registrato un incremento di qualche punto percentuale che ci fa ben sperare. Per quanto riguarda invece la produzione, la campagna 2024 si è chiusa con un incremento di circa il 7%. Il dato sicuramente è positivo perché nel 2023 e negli anni precedenti siamo andati in rottura di stock, che da un lato ovviamente spinge i prezzi al rialzo, ma che mette in evidenza una mancanza di prodotto e quindi una possibilità di consumo persa.

A inizio dicembre l’assemblea dei soci ha votato alcune modifiche al disciplinare di produzione, che hanno riguardato principalmente la restrizione alle razze ammesse, l’introduzione di alcune modifiche tecnologiche e le zone di approvvigionamento alimentare per gli animali. Da dove la necessità di intervenire su queste tre diverse aree?

Partendo dalla questione dell’approvvigionamento alimentare occorre una premessa: se non previsto diversamente, tutte le Dop prevedono che gli alimenti per il bestiame provengano dalla zona di origine. E tutti i Consorzi hanno la possibilità di chiedere una deroga in caso di necessità. In Sardegna, purtroppo, a causa degli evidenti cambiamenti climatici, spesso non si riesce a osservare questo obbligo. Lunghi periodi di siccità, infatti, causano perdite di raccolto e dunque problemi di approvvigionamento. L’inserimento in disciplinare della possibilità di ottenere il 50% degli alimenti per il bestiame al di fuori dell’area di origine è dunque una tutela per la filiera. La necessità, invece, di introdurre novità di carattere tecnologico è data dal desiderio di adeguare i metodi di produzione all’attualità. Il disciplinare attuale, infatti, risale al 2009.

E poi c’è la questione della restrizione delle razze di pecora ammesse alle sole autoctone…

Esatto. Nel 2022 l’assemblea aveva approvato l’utilizzo esclusivo di razze autoctone per la produzione di Pecorino Romano. Tuttavia, il ministero non ha mai approvato né respinto la nuova versione del disciplinare. L’unica comunicazione ufficiale risale al 2023, quando ha mosso una serie di osservazioni sui punti oggetto di revisione, compreso quello sull’inserimento delle razze autoctone, chiedendo approfondimenti e chiarimenti. Alcune di queste osservazioni sono state nel tempo soddisfatte, altre ulteriormente modificate. Le successive interlocuzioni, sempre ufficiose, intrattenute con il ministero fanno pensare a un accoglimento delle soluzioni proposte dal Consorzio, ma – ribadisco – non esiste, a oggi, alcun documento ufficiale che approvi tali modifiche. Di conseguenza il Cda ha scelto di riprendere la votazione su ogni punto oggetto di intervento con l’obiettivo di rendere trasparente e democratica la decisione. Il 69,9% dei soci si è espresso favorevole a votare nuovamente ogni revisione. E, questa volta, il punto relativo alle razze autoctone non ha più ottenuto il favore di tutti non raggiungendo il quorum necessario del 66%. A oggi, dunque, il solo vincolo esistente è che il latte provenga dalle zone di origine.

Quali perplessità ha espresso il ministero rispetto all’inserimento delle razze autoctone?

Ha ritenuto il periodo di adattamento di sette anni troppo lungo. Sostanzialmente, ci chiedevano di adeguare gli allevamenti e successivamente di modificare il disciplinare. Abbiamo pure fatto notare che, in Francia, esiste un simile precedente con il Roquefort.

Quali le ragioni dei contrari a inserire questa limitazione?

In alcune zone, come il Lazio e la Toscana, si riscontrano problemi nell’allevamento di queste razze, sia perché stanno esaurendosi, sia perché la presenza di lupi impedisce il pascolo. Ci sono problemi legati alla difficoltà di individuare delle greggi ‘pure’: se, dopo la produzione del formaggio, dovessero sorgere problemi rispetto alla ‘purezza’ del latte di origine, sarebbe necessario smarchiare il prodotto. Per chi ritiene che il ricorso a latte di sole razze autoctone possa rappresentare un vantaggio commerciale, il Consorzio proporrà, in occasione del prossimo Consiglio di amministrazione, la possibilità, per chi lo desidera, di produrre un Pecorino Romano che abbia queste specifiche caratteristiche della materia prima.

Il gruppo Pastori senza bandiera (che già aveva guidato le proteste del 2019, ndr), secondo cui il legame razza-territorio di origine sta alla base delle Dop, si è detto pronto a organizzare nuove forme di protesta. Qual è il suo commento?

Posso solo rispondere che la decisione è stata presa dall’assemblea a larga maggioranza: ha votato a favore della modifica il 39% dei presenti, il 26% si è astenuto e il 29% ha votato contro. L’esistenza di un quorum è necessaria a garanzia di tutta la filiera. E il 55% dell’assemblea, in questo caso, ha ritenuto che la questione delle razze non fosse da approfondire. In qualsiasi momento, comunque, l’assemblea è libera di tornare sul tema.

Quali sono i prossimi passi per il consorzio?

Nei primi di gennaio, riproporremo al ministero il nuovo disciplinare. Vedremo quindi quali saranno le loro richieste. Per il resto, naturalmente, il Consorzio proseguirà la propria attività promozionale tant’è che abbiamo già definito alcuni importanti appuntamenti fieristici, come il Fancy Food (Las Vegas, 19-21 gennaio) e il Foodex (Tokyo, 11-14 marzo).

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