Chiusura dei negozi in sei giorni festivi all’anno (3): intervista esclusiva a Silvio Giovine (FdI), autore della proposta di legge

2024-12-23T09:49:26+02:0023 Dicembre 2024 - 09:21|Categorie: in evidenza, Mercato|Tag: , , , |

Intervista esclusiva all’onorevole Silvio Giovine di Fratelli d’Italia, autore della proposta di legge che va a riformare il sistema delle aperture dei punti vendita, introducendo sei giorni l’anno in cui i lavoratori potranno stare a casa.

di Andrea Dusio

Una riforma delle aperture dei punti vendita, con l’introduzione di sei giorni l’anno di chiusura. È quanto ha proposto il deputato di Fratelli d’Italia Silvio Giovine. La proposta è stata presentata formalmente alla Camera dal capogruppo di FdI Galeazzo Bignami. In quest’intervista esclusiva, Giovine illustra ad Alimentando.info il provvedimento.

Nel decreto SalvaItalia del 2012 si stabiliva che regioni e comuni non avessero competenza sulle chiusure dei punti vendita nei giorni festivi. La sua proposta di legge va a riformare questo punto. Cosa prevede?

La volontà è proprio quella di superare quel decreto, che ha sottratto a regioni e comuni la facoltà d’incidere sulla regolamentazione delle aperture festive. Da questo punto di vista abbiamo cercato d’immaginare una proposta di legge di buon senso, che non tocca le domeniche e neppure tutte le festività, perché di fatto si tratta di sei giorni: Capodanno, Pasqua, Primo Maggio, Ferragosto, Natale e Santo Stefano. Il testo, come abbiamo precisato, non vuole essere un Vangelo. È l’inizio di una riflessione, che volevamo riaprire, dopo anni in cui se ne è parlato in maniera non sistematica, a volte con scopi più o meno strumentali in campagna elettorale. Ho la fortuna di essere sia in commissione Lavoro che Attività Produttive. Spesso abbiamo lavorato in sinergia con le opposizioni: penso a una norma fondamentale come la legge quadro sull’Edilizia, che ha avuto più di 100 emendamenti. Anche in questo caso si tratta di aprire una discussione sul tema di come conciliare la produttività, che per noi è sacra, e la qualità della vita dei lavoratori.

Quali sono le eccezioni previste?

Ci sono già nel testo diverse eccezioni, che escludono dal tavolo di applicazione della legge tantissime realtà, a partire da tutte quelle attività che sono funzionali per cittadini e turisti. Bar, ristoranti, gelaterie, strutture all’interno degli aeroporti, aree di servizio, sale cinematografiche. La legge non è stata ancora incardinata, perché prima vogliamo parlarne con tutte le categorie economiche coinvolte. Io stesso ho iniziato da oggi una serie di incontri, per raccogliere eventuali suggerimenti e correzioni. È solo un modo di arrivare al dunque, dopo che in passato si è già tentato di affrontare la questione, come nel 2017 quando se ne occupò anche Di Maio [il testo di legge venne presentato allora dall’onorevole Michele dell’Orco dei Cinque Stelle, ndr]. È in linea anche con alcune previsioni che ci sono in Europa, dove la stragrande maggioranza dei Paesi prevede la chiusura in tutte le festività: penso alla Germania, dove la domenica si chiude, la Francia idem.

Che reazioni ha raccolto a oggi la proposta?

Non ci sono nel testo condizionamenti ideologici, e mi fa molto piacere che ci siano realtà anche della Grande Distribuzione che mi stanno contattando per dire: “Noi lo facciamo già, fate bene”. Oggi il tema della qualità della vita dei lavoratori non è esclusivo. Si lega anche a un altro grande tema, che è l’attrattività di alcuni posti di lavoro. Unicumm, che ha 250 punti vendita in tutta Italia, e vale tre miliardi di fatturato, piuttosto che il gruppo Alì Supermercati, mi hanno voluto chiamare per sostenere la proposta, a dimostrazione che non c’è alcun intento vessatorio verso nessuno, e mi fa molto piacere lo spirito di totale sinergia con cui è iniziato questo confronto con le categorie.

Che sanzioni sono previste per chi non rispetterà la regolamentazione?

C’è una previsione di obbligatorietà di chiusura, questo sì. Quando si scrive una proposta di legge le sanzioni vanno inserite. Ma il tema non sono le sanzioni. Il tema è arrivare a un testo largamente condiviso, per consentire oggi, anche alla luce di tutte le questioni occupazionali e di natura contrattuale, a un lavoratore del commercio che voglia stare a casa con la propria famiglia di poterlo fare.

Quali valori hanno ispirato in tal senso la sua proposta?

Io sono stato assessore alle Attività Produttive a Vicenza. È una piccola realtà, ma è di fatto un’opera d’arte unica. Tutto il centro è Patrimonio Unesco. Sono uno che per indole ha sempre spronato i commercianti e gli esercizi pubblici a stare aperti nei giorni festivi, proprio perché c’è un tema di servizi, perché siamo tutto un Paese a dimensione turistica, e dobbiamo investire sempre di più su questo. Sono diverse le motivazioni che ci hanno spinto a scrivere questa proposta: c’è il tema della dignità del lavoro, quello che riguarda la cassiera che il 25 dicembre deve avere il diritto di festeggiare il Natale con i propri cari. C’è anche un altro tema: dopo le liberalizzazioni di Monti, abbiamo assistito a una ridistribuzione di quote di mercato dai piccoli ai grandi, perché ovviamente il commercio di vicinato e i negozi di prossimità hanno dovuto confrontarsi sulle aperture festive con strutture che erano molto più attrezzate. Questo ha determinato minori introiti e maggiori costi. Dobbiamo porre grande attenzione a questo aspetto, e sto iniziando a lavorarci con le categorie, per andare realmente ad accompagnare quello che per noi è un patrimonio assoluto, quello degli esercizi di prossimità. Che investe altre questioni: dobbiamo far capire quali sono i vantaggi reali a recarsi in un negozio fisico, rendere sempre più percepibile la qualità del prodotto, ma c’è anche il tema di come si è serviti in negozio. Dobbiamo fare in modo che le persone, quando vanno a lavorare, siano il più possibile stimolate e motivate. Diventa un modo in più per contrastare l’on-line. Chiaro che se demotiviamo le persone costringendole ad andare a lavorare il 25 dicembre…

Qual è ora l’iter del provvedimento?

Finché non troviamo una sintesi, non incardiniamo la legge. La proposizione di legge vuole essere a tutti gli effetti l’apertura di un tavolo. Sto sentendo tantissime voci: chi parla addirittura di elaborazioni di Pil sulle domeniche e i festivi. Non c’entra assolutamente nulla tutto questo. Nessuno vuole imporre la chiusura la domenica. Nel momento in cui troveremo la quadra, l’iter della legge potrà anche essere rapidissimo. Ma deve essere una quadra condivisa. E dalle reazioni di quanti si dimostrano a favore, anche nel campo di coloro che in teoria dovrebbero essere contrari, sono convinto che ci arriveremo presto.

 

Immagine: Unsplash

 

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