Londra (Uk) – E’ destinata a far discutere la prefazione di Tony Blair al rapporto ‘The climate paradox: why we need to reset action on climate change’, pubblicato dal Tony Blair Institute for global change (clicca qui) a firma Lindy Fursman. L’ex premier britannico prende posizione sul dibattito relativo al cambiamento climatico, “caratterizzato da irrazionalità”. Così, nei Paesi sviluppati, prosegue, “gli elettori si sentono chiedere sacrifici finanziari e cambiamenti nello stile di vita quando sanno che il loro impatto sulle emissioni globali è minimo. Qualunque sia la responsabilità storica del mondo sviluppato per il cambiamento climatico, chi ha una conoscenza anche sommaria dei fatti sa che in futuro le maggiori fonti di inquinamento proverranno principalmente dal mondo in via di sviluppo”.
Secondo Blair, “le attuali soluzioni politiche sono inadeguate e, peggio ancora, stanno distorcendo il dibattito in una ricerca di una piattaforma climatica irrealistica e quindi irrealizzabile. […] Tralasciando petrolio e gas, nel 2024 la Cina ha avviato la costruzione di 95 gigawatt di nuova energia a carbone, una quantità quasi pari all’attuale produzione totale di energia da carbone di tutta l’Europa messa insieme. Nel frattempo, l’India ha recentemente annunciato di aver raggiunto il traguardo di 1 miliardo di tonnellate di produzione di carbone in un solo anno. I viaggi in aereo sono destinati a raddoppiare nei prossimi 20 anni. Entro il 2050, si prevede che l’urbanizzazione porterà a un aumento del 40% della domanda di acciaio e del 50% di quella di cemento, fattori essenziali per lo sviluppo, ma materiali con una notevole impronta di emissioni. L’Africa, attualmente responsabile solo del 4% delle emissioni globali, vedrà la sua popolazione raddoppiare nei prossimi trent’anni. Questa crescita richiederà energia, infrastrutture e risorse”.
Stando così le cose, continua, “entro il 2030 quasi due terzi delle emissioni globali proverranno da Cina, India e Sud-Est asiatico. Eppure i flussi finanziari globali per le energie rinnovabili nei Paesi in via di sviluppo sono diminuiti e non aumentati negli ultimi anni”.
Pertanto, “qualsiasi strategia basata sull’eliminazione graduale dei combustibili fossili nel breve termine o sulla limitazione dei consumi è una strategia destinata a fallire. Tutto ciò non inficia la scomoda verità che il clima sta cambiando, e a nostro discapito, o che questa è una delle sfide fondamentali del nostro tempo. Né significa che non dovremmo continuare a utilizzare le energie rinnovabili, che sono necessarie e convenienti. Ma significa che dobbiamo modificare la nostra attenzione e le nostre risorse”.
Tra le politiche alternative, l’ex primo ministro cita “l’eliminazione diretta di C02 e la sua cattura alla fonte“, principalmente tramite boschi e foreste. Inoltre, “l‘energia nucleare sarà una parte essenziale della risposta. L’averla confusa con le armi nucleari e di conseguenza la paura irrazionale che ne deriva, intensificata da campagne iperboliche, ha condotto il mondo a un errore politico madornale, con molti Paesi che l’hanno abbandonata a partire dagli anni ’80, quando il suo utilizzo avrebbe cambiato significativamente la traiettoria delle emissioni globali”.