Mantovani (dg Veronafiere) lancia l’allarme: “Nel 2018, il vino made in Italy rallenta”

2023-06-29T09:46:15+02:0011 Ottobre 2018 - 16:45|Categorie: Vini|Tag: , , , , , |

Milano – Intervenendo oggi a Milano, nel corso di un pranzo con i produttori vitivinicoli e la stampa, dedicato alle prossime attività di Vinitaly, il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani, ha lanciato un allarme sul tema della crescita del vino italiano nei mercati mondiali. “L’Italia è uno dei player che ha segnato tra i maggiori incrementi nell’ultimo decennio, ma non basta. Il nostro osservatorio ci segnala, nei primi sette mesi di quest’anno, una crescita in valore rallentata, se confrontata con gli altri top player mondiali. Allo stesso tempo, secondo le dogane, nei primi otto mesi del 2018 c’è stata una brusca frenata nelle importazioni dagli Stati Uniti, dove il nostro mercato è – di fatto – in recessione, mentre la Francia nello stesso periodo cresce bene”. Secondo l’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, nel secondo quadrimestre si sono accentuate le difficoltà negli Usa, con il dato a valore delle importazioni di vino italiano fermo a +0,7% per un corrispettivo di 1,11 miliardi di euro. Un indicatore che assume maggior rilevanza se accostato al forte rialzo francese (+8,2%, a 1,18 miliardi di euro), in controtendenza rispetto a un valore globale delle importazioni di vino che vira in negativo (-0,6%). Sul fronte delle tipologie, gli sparkling tengono a galla il vigneto Italia con un ulteriore balzo in avanti del +16,3%, mentre gli champagne transalpini sono in calo del 5,2%. Discorso inverso, invece, sul prodotto fermo, che rappresenta oltre il 75% delle importazioni statunitensi. Qui il Belpaese perde a valore il 2,9%, mentre la Francia vola a +15,1%. Sul fronte dell’export globale, nei sette mesi su base Eurostat, l’Italia si conferma secondo player mondiale, dopo la Francia, e guadagna il 4,1% a valore. Ma sono tutti i top 4 esportatori a crescere: con i cugini d’Oltralpe a +6,4%, la Spagna a +6,7% e l’Australia a +6,1%. Mentre il Cile, nonostante una politica dei dazi favorevole, perde il 6,6%.

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