L’italiano torna a casa

2025-01-03T11:21:15+02:0010 Gennaio 2025 - 14:00|Categorie: Editoriali del direttore|Tag: , , , |

C’è una tendenza in atto che diventerà sempre più significativa nel 2025. Ovvero il ritorno a casa del consumatore. Una pubblicità rende bene l’idea. E’ quella della pizza Buitoni. Due ragazze si chiedono cosa fare per la serata. La prima dice: “Il ristorante no, costa troppo. E non ho voglia di uscire”. L’altra, di rimando: “Il delivery è una soluzione. Ma il cibo arriva freddo”. Che fare allora? “Facciamoci la pizza Buitoni”. Ovvero: stiamo a casa che è meglio.

Dopo la sbornia del post Covid in cui abbiamo invaso letteralmente i ristoranti, stanchi della reclusione nelle nostre abitazioni a causa del lockdown, si assiste oggi a una sorta di rigetto nei loro confronti.

Una delle cause è certamente l’aumento dei prezzi. Con l’inflazione i gestori dei ristoranti si sono scatenati e hanno introdotto degli aumenti, ingiustificati, del 30/40% sul menu. Oggi il costo di un primo si aggira in media sui 22 euro. E non sto parlando della pasta allo scoglio ma di semplici piatti della tradizione. Troppo: la gente non è stupida e, alla lunga, fa pagare certe scelte oggettivamente dissennate.

Se ne sono accorti anche gli chef stellati che, tranne rare eccezioni, fanno fatica a mantenere alto il loro standard qualitativo. Sintomatico è il caso di Benedetto Rullo, Lorenzo Stefanini e Stefano Terigi. Sono gli chef del ristorante Il Giglio di Lucca. I tre hanno deciso di rinunciare alla stella Michelin che ogni anno, da cinque anni, veniva assegnata al loro locale.

“La nostra decisione”, racconta Stefano Terigi, ”arriva dalla necessità che abbiamo maturato di tornare a fare una ristorazione che ci appartiene di più. Sia in sala che in cucina andremo a lavorare sull’alleggerimento. Non tanto dal punto di vista dell’arredamento o dalla mise en place, quanto più che altro nell’essenza delle cose. Non ci sarà più quel servizio ingessato di un certo tipo di fine dining, che per alcuni clienti diventa asfissiante. Non ci sarà più, per esempio, il cameriere pronto alle spalle a riempire il bicchiere d’acqua appena si svuota, ma la bottiglia resterà a tavola; i menù degustazione saranno più snelli e si potrà scegliere tanto un percorso completo di più portate, quanto un solo piatto. Vogliamo essere adatti all’appassionato tanto quanto alla famiglia che di domenica sceglie di dedicarsi una coccola a tavola. La qualità resterà la stessa, ma con qualche tecnicismo in meno e un tocco di informalità in più. Non vogliamo un’atmosfera cupa, pressante. Vogliamo lavorare con il sorriso e trasmettere benessere”. Non solo: questo ha voluto dire abbassare i prezzi. Per ritornare ad avere una clientela che, con la stella, si era allontanata dal locale.

I ristoranti sono dunque in crisi. Lo certifica il Rapporto 2024 dell’Osservatorio Ristorazione. Nel 2023 ci sono stati due record nella ristorazione in Italia. La spesa alimentare fuori casa, cioè i ristoranti e simili, ha raggiunto gli 89,6 miliardi di euro. Dall’altro lato, hanno cessato l’attività 28.012 imprese nel settore. E il saldo tra iscrizioni e cessazioni si chiude con un record negativo: -17.693 imprese, la perdita peggiore di sempre. In sostanza, per ogni nuovo locale che apre, quasi due ne chiudono. E nel 2024 le cose non sono andate meglio. Siamo dunque in pieno riflusso.

C’è un altro dato da considerare: il nuovo codice della strada. Che introduce pesanti limitazioni all’uso di alcolici. Il tasso alcolemico massimo consentito oscilla tra 0,5 e 0,8 grammi di alcool per litro di sangue. Chi lo supera di poco riceverà una multa compresa tra i 573 a 2.170 euro e potrà avere la patente sospesa per un periodo variabile da tre a sei mesi. Chi viene trovato con un tasso alcolemico tra 0,8 e 1,5 grammi al litro rischia una multa da 800 a 3.200 euro, e può scattare l’arresto fino a sei mesi, con sospensione della patente da sei mesi a un anno. Se invece il tasso alcolemico riscontrato è oltre gli 1,5 grammi al litro, la multa è compresa tra i 1.500 e i 6mila euro, la sospensione della patente da uno a due anni e l’arresto da sei mesi a un anno. Per i neopatentati la soglia di tasso alcolemico rimane a zero per tre anni.

Quindi, per uscire a cena con gli amici o c’è un astemio che poi guida oppure sono dolori. Ecco allora che si resta a casa, con o senza amici. E, visto che si risparmia, ci si può sbizzarrire acquistando prodotti di qualità sia per il mangiare sia per il bere. Una sorta di premio per compensare il mancato ritrovo al ristorante. Me lo confermava mesi fa Mauro Ziveri, titolare di La Rosa dell’Angelo, un brand di salumi di alta gamma. Nel primi sei mesi dell’anno ha aumentato del 5% le vendite.

Un esempio fra molti. A dimostrazione che la voglia di casa cresce. Un messaggio ai ristoratori: forte e chiaro. O cambiano qualcosa oppure rischiano di far parte dei 17mila che hanno chiuso.

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