É il tema, inteso in termini editoriali, a dominare il recente spot di De’ Longhi per la promozione della sua macchina Rivelia Perfetto 30 (vedi qui).
La perfezione, in un mercato iper-saturo e ultra-concorrenziale, é il minimo comune denominatore di ogni comunicazione: una promessa insostenibile che ogni brand si sente in dovere di fare, direttamente o indirettamente. Pena: la morte.
Prendere dunque il tema assoluto per eccellenza, l‘irraggiungibile per antonomasia e farne una parodia, può venire interpretato come scriteriato oppure oltraggiosamente coraggioso.
De’ Longhi lo fa, in modo curioso, ma lo fa. E già soltanto questo non può venire ignorato.
Obiettivi della comunicazione
Brad Pitt viene guidato da un voice over smaccatamente nostrano (cosa buona e giusta, fonte di salvezza) alla preparazione di un cappuccino. Il nome del tvc è infatti “The Perfetto Instructions For Use” – un manuale d’uso ‘nostro’ che guida la star alla maniera italiana, che consiste poi di fatto nel goderselo (poichè la preparazione del caffè avviene in un solo gesto). Sarebbe bello davvero se il vivere italiano fosse così semplice! Ma ci sta: comunicare l’italianità è anche comunicare semplicità.
Il nocciolo dello spot, la gag, arriva quando l’attore si accomoda a bordo lago per godersi il suo latte macchiato (o cappuccino, o quel che è) e viene invitato dal suo Virgilio a unire indice e pollice nel gesto del ‘perfetto’. Riuscendoci a metà, Brad Pitt decide che gli è riuscito “bene abbastanza”: good enough, o “a sufficienza” e finalmente si beve il suo caffè.
Come ogni spot che comunichi l’italianità spiccia, i fronti di lettura che si aprono sono due: quello domestico e quello internazionale. Tra ‘Perfect’ e ‘Good Enough’, c’è dentro tutta l‘italianità che lo spot si propone di vendere all’estero: la qualità a spanne che non deve sacrificare la gioia di vivere. La sufficienza, il compromesso che della perfezione se ne frega anche un po’. Al pubblico italiano, invece, basta e avanza la piacioneria della star d‘oltreoceano che si sforza di sembrare italiana. Non c‘é nulla che ci gonfi di più il petto.
Dunque: Ikea. Tutti contenti.
Coerenza strategica con il brand
L’asse portante della strategia è dunque l’italianità. Un’italianità da cartolina, sempre la stessa, quella della vita lenta, del sapersi godere i momenti semplici eccetera (chissà poi se questa Italia esiste davvero ancora – e poi: è mai esistita?)
Tra i testimonial più recenti – e riusciti – del nostro povero brand (l’Italia, non De’Longhi) è forse Stanley Tucci a deliziare ormai da anni ormai il pubblico occidentale con le sue incursioni audiovisive in una versione più patinata del “Metodo-Bourdain”. Brad Pitt non vanta a dire il vero grande attinenza con l’italia; non come un George Clooney, o un Colin Firth, Willem Dafoe, Helen Mirren o anche Lady Gaga, per citarne soltanto alcuni. Diciamo che il casting avrebbe potuto essere un filo più ricercato e meno scontato per rafforzare un legame strategico tra brand e italianness.
Brad Pitt sarà anche un’icona di cosiddetta perfezione, ma oltre a essere bello come un Apollo e a interpretare bene la parte dello “scemotto”, difficilmente può fungere da ponte tra i valori dei quali necessitava il brand. Dunque il discorso strategico sembra filare soltanto a metà.
Rilevanza della promessa
E qui torniamo al tema il quale, appunto, coincide esplicitamente con la promessa. È curioso infatti che il leitmotif sulla perfezione venga in qualche modo “tradito” in chiusura. Se prendiamo la storyline e la analizziamo step-by-step, davvero qualcosa sembra incepparsi. Proviamoci: uno straniero “perfetto” si prepara il suo caffè “perfetto”, si accomoda di fronte a un paesaggio “perfetto” ma, nel momento in cui cerca di imitare uno stile di vita “perfetto” (quello italiano), si accontenta di un “good enough”.
Che lettura ne dobbiamo trarre? Che la perfezione non esiste? Dubito che De’Longhi sentisse l’urgenza di filosofeggiare. Che puoi sembrare italiano, puoi anche spendere 700 euro di macchinetta, ma poi italiano davvero non lo sarai mai? Sembra un messaggio sovranista del governo Meloni.
Davvero qualcosa non quadra. Bene la gag – la gaggina – la star piaciona, la risatina comoda, ma la promessa, quella, chi la salva? Non Brad Pitt.
Coerenza del tono di voce vs target
700 euro di macchinetta del caffè sono poi un prezzo che si rivolge esclusivamente a Boomers e Millennials (pochini, ma ci sono anche loro). E come li mettiamo tutti d’accordo? George Clooney! Già preso. Allora Brad Pitt! E vada per Brad Pitt.
Icona della perfezione (estetica – sulla recitazione siamo lontani), lo abbiamo detto: rende tutti contenti, ma con quel premium in più. Brad Pitt è una Mercedes inscalfibile nel tempo; non era infatti della casa automobilistica tedesca il posizionamento “The Best Or Nothing”? Ecco, Brad Pitt è un po’ quella cosa lì. Noiosetta, ma quella cosa lì; e funziona ancora.
Il tono di voce è facile e scarsamente riconoscibile. Se adottassimo la ‘regola del pollice’, quella in cui si copre il logo, davvero si faticherebbe a riconoscere De’ Longhi. Questo non per demerito dello spot, ma di un brand che un po’ fatica a trovare una propria voce, una sua distinctiveness nel rumore della concorrenza. Non trattandosi di un marchio native del food&beverage, ma pur sempre di un brand di elettrodomestici, sembra soffrire di uno svantaggio (dal punto di vista comunicativo) con i competitor sul segmento del caffè, che invece hanno maturato un posizionamento e un linguaggio più chiaro e riconoscibile verso il loro pubblico.
Niente che non si possa aggiustare ma, ecco, la soluzione non è certo ‘appiccicarci’ il bellone.
Qualità della realizzazione
Dicevamo: da ‘Perfect’ a ‘Good Enough’. Vale come metafora per l’italianità, ma sembra valere anche per questo spot. Uno sforzo creativo esile e una realizzazione perbene. Tutto pulito, tutto educato, tutto carino. Perfetto? Sufficiente. Come del resto il 90% della pubblicità che circola in tv. Che funziona. In maniera educata, ma funziona.
Certo è che se ingaggi una delle star hollywoodiane per antonomasia e la regia la affidi a uno dei Premi Oscar rivelazione degli ultimi anni (Taika Waititi: non uno qualsiasi, l’autore del monumentale Jojo Rabbit), allora qualcosina in più ce lo potevamo aspettare. Soprattutto perchè Waititi è riconosciuto universalmente per la sua ironia graffiante, per il suo umorismo dirompente, per il suo sguardo originale sui personaggi. Tutti elementi dei quali non si trova nemmeno traccia nello spot della Rivelia. Uno spreco a dir poco. Così come lo vediamo, “The Perfetto Instructions For Use” potrebbe essere stato realizzato da un Pupi Avati qualunque. Soltanto che con Pupi Avati Brad Pitt non ci lavora. E forse, vai a sapere, è andata proprio così: che il regista se l’è scelto la star. Ma lo script, quello sì, lo ha scelto il cliente. Peccato davvero.