Di Giulio e Luigi Rubinelli
Obiettivo della comunicazione
L’obiettivo è l’unica cosa chiara: promuovere la settimana del Sotto Costo (su questo tema e sulle promozioni di Grandi marche nei discount molti si sono già esposti). Tonno a 9.99 €, polpa di pomodoro a 1.99 €. È il contesto a essere ingombrante: Bea che riempie il frigo, Leo che frega il padre (o il nonno?), Gianni e Maria che cucinano troppo. Premesso che io Leo non l’ho capito, il motore narrativo di Bea, Gianni e Maria sembrerebbe essere che comprano più di quanto previsto. Non ci avremmo costruito sopra uno spot (clicca qui per vedere il video).
Coerenza strategica con il brand
Coerente? “Ma sì”, verrebbe da dire. Coerente perché promette prezzi bassi. Gli spot, però, non sono tutti tono di voce e basta, ma anche strategia. Qui se ne vede pochina. Cosa cerca di raccontarci, Lidl? Che gli italiani sforano la lista della spesa? Fateci capire: gli italiani vogliono la qualità o il prezzo? Perché qui è tutto prezzo. Lo slogan di marca è: “Lidl, anch’io.” Ma anche io, che?
Rilevanza della promessa
“Anche oggi, una buona abitudine.” E quale sarebbe la buona abitudine? Riempire il frigo? Spendere poco? Lidl! Mannaggia a voi, non si capisce una sverza. Dunque. Volete promuovere una settimana di convenienza. Prendete tre situazioni: una ragazza che occupa tutto il frigo, sottraendo spazio ai coinquilini; un bambino che ruba la mozzarella al padre (o al nonno? Manco questo si capisce) ottenendo chissà cosa – ma su questo ci torniamo – e infine una coppia di anziani che invitano degli amici per uno spuntino, ma finiscono per immergerli di insaccati. “Anche oggi, una buona abitudine”? L’unica buona abitudine sarebbe quella di scrivere degli spot con un capo e una coda.
Coerenza del tono di voce vs target
Il tono di voce c’è, facile, diretto, immediato. Inquadrature ‘furbe’ (uno stile già visto e rivisto negli ultimi 10 anni), portate a casa senza romperci le scatole. Questo voice over radiofonico, giovane, ammiccante, può davvero continuare a parlare a tutti. Perché è esattamente a tutti che Lidl vuole parlare: Bea – GenZ, Leo – Gen Alpha con padre GenX (ammesso che sia il padre), Gianni e Maria Baby Boomers. Tutti li abbiamo presi. Ma che a che costo? Sotto Costo.
Qualità della realizzazione
Come detto, con regie simili difficilmente sbagli. Nemmeno ti differenzi, però manco sbagli. Di spot così ne abbiamo visti centinaia, tutti uguali, tutti con la stessa voce fuori campo, gli stessi protagonisti stereotipati, lo stesso storyboard a cut rapidi (il grafico almeno, da certi competitor, sembrerebbe avere più di sei mesi di esperienza dietro la tastiera). Soltanto una cosa ve la vogliamo dire, amici della Lidl. Basta ragazzini strafottenti. Basta bambini furbi che fregano i genitori. È una malattia tutta italiana! Quando si va sui più giovani, sembra obbligatorio inscenare la loro astuzia nel raggirare i vecchi genitori rincoglioniti. Cosa ci guadagna la narrazione? Cosa il brand? Si tratta di una pigrizia di scrittura del tutto ridondante e sorpassata che non serve a nessuno. Specialmente a quelli che hanno come claim di campagna: “Anche oggi, una buona abitudine.” Eddai, fate i bravi.