Etichette alcolici: vi sveliamo i piani dell’Oms

2024-07-19T12:38:26+02:0019 Luglio 2024 - 12:38|Categorie: Beverage, in evidenza, Vini|Tag: , , , , |

La crociata anti-alcol dell’Organizzazione mondiale della sanità passa anche da una riforma delle informazioni da apporre on-label. A suo dire, in  molti, tra stati e associazioni, si sarebbero già dichiarati favorevoli a una revisione delle disposizioni attuali. Ma siamo sicuri che sia proprio così?

Altro che canicola estiva. Per i produttori di vino, birra e spirits si preannuncia un caldissimo autunno. Merito (o colpa) dell’Oms, che intende dar battaglia affinché nuove e stringenti regole vengano formulate per scoraggiare il consumo di bevande alcoliche su scala globale. Parliamo anche dei famigerati health warnings in etichetta. Perché se pensavate che il capitolo si fosse chiuso con lo scatto avanti dell’Irlanda, vi sbagliavate di grosso.

Nel 2025 si terrà la Quarta Riunione di alto livello delle Nazioni Unite sulle malattie non trasmissibili. E l’Oms sta già preparando il terreno di scontro. In un report pubblicato a giugno si afferma che “Quattro sole industrie causano ogni anno 2,7 milioni di morti in Europa”. Tra i grandi imputati, insieme alle industrie del tabacco, degli alimenti ultra-processati e dei combustibili fossili, c’è anche quella delle bevande alcoliche. Ma se il 2025 vi sembra ancora lontano, c’è un appuntamento che potrebbe già sparigliare le carte in tavola: la 48esima sessione del Comitato sull’etichettatura degli alimenti del Codex Alimentarius, che si terrà a Quebec City dal 27 ottobre al 1 novembre 2024. Tra i ‘discussion papers’ in agenda, proprio l’etichettatura delle bevande alcoliche.

Ma facciamo un passo indietro. Cos’è il Codex Alimentarius? Il ‘Codice alimentare’ è una raccolta di standard, linee guida e codici di condotta adottati da una Commissione, creata nel 1962 dalla Fao e dall’Oms allo scopo di elaborare una normativa uniforme tra gli Stati in materia di sicurezza e qualità degli alimenti. La Commissione, che si riunisce una volta l’anno, è composta dai delegati di 189 Stati Membri e 237 Osservatori. Ma quanto stabilito dal Codex ha valenza di legge? A questo risponde il nostro ministero della Salute. Sul cui portale si legge che “l’adesione allo standard è volontaria, ma una volta che si aderisce, l’adeguamento della normativa è obbligatorio a meno non si dichiari l’impossibilità o le ragioni per il mancato adeguamento”. Capirete quindi che le decisioni prese in questa sede sono di primaria importanza.

Ma torniamo al presente. Il Comitato sull’etichettatura del Codex avrebbe incaricato l’Oms di realizzare il position paper che verrà discusso in autunno, svolgendo un’indagine circa la possibilità che il  Ccfl (Codex committee on food labelling) “elabori disposizioni specifiche sui requisiti di etichettatura obbligatori per le bevande alcoliche”. 49 Membri, una Organizzazione e sette Osservatori hanno risposto alla circolare inviata.

Secondo le conclusioni tratte dall’Oms, la maggioranza degli intervistati concorderebbe sulla necessità di sviluppare “requisiti di etichettatura obbligatori sui rischi per la salute associati al consumo di alcol, in particolare sui possibili legami tra alcol e cancro”. Ma è proprio così? Non esattamente, almeno se si leggono le singole risposte dei Paesi e delle associazioni che hanno compilato il form dell’Oms, visibili a questo LINK

I Paesi che hanno risposto in modo affermativo rispetto alla possibilità di introdurre avvertenze sanitarie “come i possibili legami tra l’alcol e il cancro, la violenza, il suicidio, la dipendenza, in etichetta” sono: Bielorussia, Belize, Benin, Brasile, Burkina Faso, Burundi, Colombia, Ecuador, Egitto, El Salvador, Iraq, Kazakistan, Liberia, Madagascar, Malawi, Malesia, Senegal, Seychelles, Togo, Emirati Arabi Uniti, Uruguay. Quelli che si dicono contrari: Argentina, Australia, Giappone, Nigeria, Panama, Repubblica Unita di Tanzania.

Le associazioni favorevoli: Association of European Coeliac Societies, Eurocare, World Federation Of Public Health Associations. Quelle contrarie: FIVS e FoodDrinkEurope. I Paesi e le associazioni che non hanno espresso un parere chiaro o definito in merito: Ufficio europeo delle unioni dei consumatori (BEUC), Botswana, Chile, Canada, Costa Rica, Ghana, Honduras, India, Nuova Zelanda, Norvegia, Perù, Filippine, Sudafrica (già nazionale), Thailandia, Togo, UK, Zimbabwe.

Molti degli intervistati,  invece di completare il modello semplificato proposto dall’Oms, hanno preferito dettagliare per iscritto la loro posizione. E alcuni commenti sono particolarmente interessanti. È il caso dell’Argentina, che dichiara di “aver avuto qualche difficoltà a definire una posizione nazionale in risposta a questa circolare. Infatti, sebbene sia chiaro che la scala selezionata per rispondere a ciascuna domanda era intesa a facilitare le risposte, in diverse domande ogni opzione di risposta potrebbe portare a diverse interpretazioni”. Pertanto, “ritiene importante che, per decidere se procedere o meno con l’elaborazione di nuove definizioni o con la revisione di quelle esistenti, sia essenziale capire innanzitutto quale sarà la loro portata, il loro scopo e la loro applicazione”.

E l’Unione Europea? Non compila la tabella proposta dall’Oms, ma scrive: “Non esiste una legislazione a livello europeo in materia di avvertenze sanitarie sulle bevande alcoliche. Gli Stati membri dell’Ue hanno politiche diverse in materia di etichettatura degli alcolici”.

Nelle sue conclusioni, l’Oms afferma anche che “diversi intervistati avrebbero evidenziato l’importanza di avere etichette visibili sul contenitore piuttosto che utilizzare codici QR”. Ma è davvero così? Non proprio. Ad affermare in modo chiaro la non sufficienza del QR è solo la Norvegia, mentre il Regno Unito scrive addirittura: “Vorremmo ricordare ai membri del Codex i vincoli di spazio fisici su un’etichetta che possono limitare la trasmissione di informazioni complesse in modo significativo. Vorremmo sottolineare le possibili soluzioni digitali/etichette che possono fornire l’accesso a informazioni più dettagliate nella lingua dei consumatori”.

Ma la ‘mazzata finale’ la danno gli Stati Uniti, che non compilano il form e scrivono: “Gli Stati Uniti rilevano l’approccio insolito della circolare”, il cui questionario “sembra presupporre che il Codex intraprenderà un nuovo tavolo di lavoro e chiede commenti a riguardo. La questione è rimasta all’ordine del giorno del Ccfl [Codex Committee on Food Labelling], nonostante la mancanza di interesse espressa dai Paesi membri ad avviare lavori aggiuntivi su questo tema. […] Ci chiediamo inoltre se le questioni coinvolte siano standardizzabili alla luce delle differenze culturali riconosciute dai membri dell’Oms nell’adozione della WHA75(11) [la 75esima World Health Assembly, che si è tenuta nel 2022, ndr]”.

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