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Ettore Prandini: “Italian Sounding una grande opportunità”. Ma sarà vero?

2024-04-12T13:13:05+02:0012 Aprile 2024 - 13:13|Categorie: in evidenza, Mercato|Tag: , , |

Secondo il presidente di Coldiretti, il differenziale di prezzo tra le nostre eccellenze e le imitazioni estere non è molto elevato. Occorre fare sistema con una strategia nazionale e non locale. Ma le argomentazioni convincono solo in parte.

Di Federico Robbe

A margine dell’evento ‘Carrefour per il made in Italy’ incontriamo Ettore Prandini, presidente di Coldiretti. Con lui parliamo di export e soprattutto di Italian Sounding. Ma alcuni passaggi del ragionamento lasciano perplessi: i numeri poco chiari del fenomeno (60 o 120 miliardi? Non si sa), i prezzi delle ‘imitazioni’ straniere e l’effettivo potenziale dell’agroalimentare italiano. Ma se non ci fossero più i prodotti Italian Sounding, quello spazio sarebbe davvero coperto dai nostri?

Presidente Prandini, alcuni mesi fa ha dichiarato che l’Italian Sounding può essere un’opportunità. In che senso?

Dobbiamo sicuramente batterci contro qualsiasi forma di possibile contraffazione dei prodotti agroalimentari. L’Italian Sounding può essere visto come un’opportunità nella misura in cui riusciamo a sconfiggere la falsificazione dei prodotti: è uno spazio commerciale che i consumatori di tutto il mondo pensano che sia occupato da prodotti agroalimentari italiani, ma in realtà non è così.

L’export resta un asset fondamentale?

Certamente, dobbiamo riuscire a implementare le esportazioni delle nostre eccellenze, ricordiamo che noi esportiamo food&beverage per quasi 60 miliardi. Se riuscissimo a occupare anche solo una parte di quei 120 miliardi di Italian Sounding avremmo enormi benefici: maggiore valore economico che resta in Italia, maggiore redditività per i nostri imprenditori agricoli e soprattutto un protagonismo che deve vedere l’Italia anche con un progetto significativo nell’ambito della comunicazione.

Ovvero?

Purtroppo negli anni passati è un po’ mancata questa dimensione della valorizzazione all’estero, anche per una frammentazione ‘storica’ che vede in tanti casi le regioni o altri enti lavorare per l’internazionalizzazione. Mentre altri Paesi si muovono in modo organizzato.

Ma alla fine quanto vale l’Italian Sounding? È possibile che ci siano stime di 50-60 miliardi e altre di 120 miliardi? E poi penso che i prodotti italiani siano premium, mentre le ‘imitazioni’ abbiano un costo decisamente inferiore, è così?

Se noi andiamo a vedere i prezzi medi di vendita del parmesan rispetto a due eccellenze come il Grana Padano o il Parmigiano Reggiano, ci rendiamo conto che sono simili. Comunque non ci interessa coprire le quote di mercato a basso prezzo, ma le fasce medio-alte, perché sono proprio quelle che ci caratterizzano.

Però i prodotti Italian Sounding non sono tendenzialmente premium…

In tanti casi sì. Mi spiego: in alcuni segmenti come il Prosciutto di Parma o il Prosciutto di San Daniele, gli omologhi esteri occupano una fascia di prezzo simile. Le aziende hanno capito che nell’imitazione dei marchi italiani, anche senza la nostra qualità, riescono ad avere una remunerazione più alta rispetto a quella di un prodotto generico statunitense o canadese, per esempio. E questo vale anche nel lattiero caseario, come emerge con la mozzarella: il differenziale è di centesimi, non di qualche euro.

Nel caso del Prosciutto di Parma sarebbe complicato: negli ultimi 10 anni le cosce avviate alla produzione sono passate da 8,7 a 7,3 milioni.

Penso sia legato alla mancanza di un progetto di valorizzazione di ampio respiro sull’agroalimentare italiano. In ogni caso rischiamo di perdere quote di mercato. Dovremmo imparare dagli spagnoli: grazie a una nicchia come il Pata Negra, sono riusciti a valorizzare tutto il prosciutto iberico, dandogli un valore aggiunto che storicamente non ha.

Com’è possibile fare sistema in maniera più incisiva?

Sono convinto che l’Agenzia Ice abbia un grande potenziale. E potrebbe diventare la vera agenzia di valorizzazione delle filiere agroalimentari italiane e del made in Italy. Se si gareggia sullo scenario mondiale, la partita si deve giocare come Italia. Se la giochiamo come singole regioni, rischiamo di perderla.

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