In apertura del Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione, giunto alla 22esima edizione, abbiamo incontrato il presidente di Coldiretti. Che ha tracciato i punti chiave per l’associazione. Nel confronto con le istituzioni italiane ed europee.
Sulla terrazza di Villa Miani a Roma, pochi minuti prima che si aprano i lavori del XXII Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione, abbiamo incontrato il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini.
Presidente, quali saranno i punti chiave di questo forum?
Il punto chiave è rappresentato da una sfida, legata alla corretta alimentazione e ai rischi che possono impattare sulla nostra salute, laddove dovessero prevalere cibi omologati e soprattutto ultraprocessati. Facciamo chiarezza. Cosa intendete per cibi ultraprocessati? Per ultraprocessati intendiamo quei cibi che hanno alla base additivi di carattere chimico, o un quantitativo di manipolazione particolarmente rilevante, che si traduce poi in cibi a nostro parere di bassa qualità. Pensiamo solo a tutto il mondo delle merendine o delle bibite energetiche. Paradossalmente, in Europa viene demonizzato il consumo di vino. Su queste bevande, invece, nessuno prende posizione. Noi riteniamo che ci debba essere una corretta informazione.
Dove andrebbe veicolata quest’informazione, che comunque deve fare i conti con la narrazione della pubblicità e del marketing?
Vorremmo creare un meccanismo per il quale questa informazione divenga un patrimonio anche di carattere culturale, partendo dalle scuole primarie, e utilizzando le mense scolastiche come un ‘ristorante’ di carattere sociale, dove ci sia cibo di qualità. Dove le aste non vengano fatte solo al ribasso, e venga data la possibilità a tutti i bambini, indipendentemente dalle possibilità dei loro nuclei familiari, di avere, soprattutto nell’età dello sviluppo, un cibo di qualità a disposizione. Questo si traduce in qualità della vita e in un risparmio economico per quanto riguarda le spese mediche. E anche nella possibilità di fare formazione e informazione su distintività e biodiversità, che sicuramente l’Italia ha più di altri, e può rappresentare un patrimonio da conservare e donare proprio alle nuove generazioni.
A livello economico, qual è la sfida che attende il comparto agroalimentare italiano?
L’altra sfida è legata a tutto il mondo delle esportazioni. Abbiamo raggiunto nel 2024 un record storico vicino ai 70 miliardi. Siamo cresciuti negli ultimi 10 anni del 104%. Oggi l’agroalimentare è la voce che cresce maggiormente rispetto a tutti gli altri settori produttivi, in termini percentuali. Noi siamo convinti che grazie all’agroalimentare potremo crescere ancora di più e arrivare nei prossimi anni a superare la soglia di 100 miliardi di valore di vera esportazione di cibo italiano. Per quanto riguarda invece l’Europa, dovremo entrare nel merito degli stanziamenti delle risorse. A nostro parere, i fondi della Pac non sono più sufficienti. Teniamo presente che gli Usa investono quattro volte di più di quanto faccia l’Europa sulle filiere del cibo e dell’agricoltura. Un’altra questione riguarda l’innovazione.
In che senso?
La trasformazione epocale in atto ci spinge senza esitazioni a puntare su agricoltura di precisione, utilizzo dei dati e intelligenza artificiale. La macchina non deve però sostituire l’uomo, e agli agricoltori dobbiamo garantire il giusto reddito, anche in questa fase. Queste sono parte delle sfide di cui andiamo a parlare e su cui ci confrontiamo con le istituzioni italiane ed europee, soprattutto guardando a una prospettiva che ponga al centro il lavoro dei nostri agricoltori.