Roma – In una sentenza (n. 35387) depositata nella giornata di ieri, la Corte di cassazione conferma che si tratta di reato di frode in commercio anche quando un prodotto spacciato per biologico è venduto al medesimo prezzo della referenza convenzionale o presenti gli stessi valori nutritivi. Lo evidenzia un articolo sull’edizione odierna de Il Sole 24 Ore, in cui si analizza il ricorso respinto di una società ortofrutticola che acquistava arance da un’altra azienda per poi immetterle in commercio. Al momento di contrassegnare la merce, però, a venire utilizzate erano anche etichette di una ditta attestante una produzione bio. Da qui l’evidente inganno nei confronti dei consumatori. Non trattasi, tuttavia, di solo illecito amministrativo, come cercato di sostenere dalla difesa sulla base che le indicazioni sull’origine biologica della frutta fossero abbastanza neutre e il prezzo sugli scaffali dei supermercati pari a quello del prodotto convenzionale. La Corte di cassazione ha infatti evidenziato che il reato di frode in commercio si delinea quando all’acquirente è consegnata una merce diversa da quella dichiarata o pattuita.
Finto biologico: è reato anche quando non c’è profitto
RepartoGrafico2016-08-25T11:25:11+02:0025 Agosto 2016 - 11:25|Categorie: Bio, Mercato|Tag: Corte di Cassazione, Finto biologico, Il Sole 24 Ore, ricorso|
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