Roma – Negli ultimi 10 anni la produzione di kiwi si è dimezzata. Quella delle pere è passata da 800mila tonnellate circa del 2015 al minimo storico di 184mila tonn del 2023. I due casi sono esempi esplicativi di come l’ortofrutta sia uno dei settori più esposti agli effetti dei cambiamenti climatici. Inoltre, la limitazione dei principi autorizzati impedisce ai produttori di contrastare le diverse fitopatie causate dai cambiamenti climatici che hanno colpito gli alberi da frutta e tantissima produzione è andata persa. “Si fa urgente, dunque, una netta inversione di tendenza rispetto al drastico calo delle sostanze attive autorizzate, indispensabili per la difesa delle colture”. L’appello arriva dalla federazione agricola di Confcooperative, che all’Ue lancia la richiesta di una moratoria sul processo di revoca dei principi attivi.
Secondo un rapporto curato da Aretè per Agrofarma, oggi in Italia ci sono circa 300 sostanze attive approvate, che rappresentano il 75% in meno rispetto alle oltre mille sostanze attive disponibili 30 anni fa. Non solo: dal 2014 ad oggi il numero delle sostanze attive revocate ammonta a 82, di cui più del 70% era utilizzato proprio per la difesa di frutticole e orticole. Sono circa 30 le sostanze attive a rischio revoca nel prossimo triennio, andando a impattare su colture strategiche del nostro Paese, come mele e pere, pomodori, kiwi, uva da tavola. “Nonostante ciò, sul tema l’Europa non sembra avere un’inversione di tendenza”, denuncia Raffaele Drei, presidente di Fedagripesca Confcooperative. “Sono più di 200 le sostanze attive attualmente in fase di rinnovo da parte dell’Ue e ci sono forti pressioni per la loro revoca. Le normative comunitarie troppo restrittive per chi fa ricerca e innovazione sono disincentivanti”.