Gestione dei rifiuti: problemi (grossi) e soluzioni

2022-09-09T11:30:55+02:0012 Settembre 2022 - 09:00|Categorie: Editoriali del direttore, in evidenza|Tag: |

Di Angelo Frigerio

C’è un iceberg che circola indisturbato nel grande mare dove viaggiano le flotte della distribuzione e dell’industria. Un iceberg che rischia di affondare qualsiasi Titanic lo incontri. Si chiama: “gestione dei rifiuti”. Una materia complessa che ha visto cambiare molte cose negli ultimi anni. Per questo è più che mai urgente un cambio di paradigma. Ma cominciamo dalle nuove normative.

Da febbraio 2022 sono stati modificati due articoli della prima parte della Costituzione. Sono l’Articolo 9 (In corsivo trovate le parti modificate): “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”. E l’Articolo 41: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute, all’ambiente. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”.

Queste modifiche erano da tempo richieste dalla Comunità europea e Draghi le ha approvate immediatamente. Non di certo per un afflato ambientalista, ma perché sono necessarie per accedere ai finanziamenti del Pnrr. Il Ministero della transizione ecologica, da tempo, organicamente a queste nuove direttive, sta pensando, realizzando e testando un nuovo registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti.

Si tratta di un sistema che il dicastero sta mettendo a punto per tracciare dove vengono prodotti i rifiuti in Italia, dove sono localizzati e per tracciare in toto il loro percorso. A questo portale dovranno essere inviati i dati digitalizzati, registri e formulari da parte delle aziende. La normativa europea e quella italiana, che recepisce quella europea, non definiscono precisamente chi sono i trasportatori o i destinatari dei rifiuti, ma solamente chi sono i produttori dei rifiuti. Vale a dire coloro che producono il rifiuto e che sono responsabili fino al suo definitivo recupero o smaltimento.

Facciamo un esempio: sono un’azienda che produce gioielli. Devo gestire i metalli e le pietre preziose che tratto con acidi, che sono parecchio inquinanti. In base alla normativa europea, che è più stringente di quella italiana, sono responsabile dell’avvenuto definitivo recupero o smaltimento dei rifiuti che produco. Cosa significa? Che devo conoscere tutto il processo di smaltimento. Sono responsabile del rifiuto fino a quando non ho la prova che sia stato recuperato o smaltito. Nel caso dei gioielli il produttore deve sapere se l’automezzo utilizzato per il trasporto dei rifiuti – in questo caso degli acidi – ha le certificazioni adatte per il trasporto di tali acidi. Perché se l’acido cade, o succede qualcosa in fase di trasporto, la responsabilità ricade sul produttore.

Lo stesso vale per l’impianto di smaltimento, il produttore deve sapere se l’impianto ha l’abilitazione e l’autorizzazione corretta per trattare i suoi rifiuti. Per quanto riguarda la Grande distribuzione, i rifiuti derivano dalla plastica e dal cartone degli imballaggi, dal legno dei pallet per la movimentazione della merce. Al loro interno hanno anche le gastronomie, quindi devono smaltire rifiuti organici. Una questione strategica e dannatamente pericolosa.

Faccio un esempio. Una catena della distribuzione ha degli immobili, frigoriferi e impianti elettrici, quindi deve fare manutenzione. Per fare manutenzione, dà l’appalto a una società esterna, che diventa il produttore dei rifiuti. Questa società esterna è quindi il produttore materiale, ma il produttore giuridico – quindi colui a cui afferisce l’attività di rifiuti – è la catena. Che ha quindi l’obbligo di vigilanza. Deve quindi verificare che la società esterna che ha in carico i frigoriferi faccia le cose a modo. La società esterna ha invece un altro obbligo, quello di direzione, e deve quindi verificare che il trasportatore e l’impianto a cui giungeranno i rifiuti abbiano le certificazioni e autorizzazioni corrette. Il produttore giuridico vigila sul processo di smaltimento, e fa quindi una serie di controlli a campione sui rifiuti.

Se qualcosa va storto o non viene smaltito correttamente, rischia sanzioni. Se un carico di plastica scompare, l’azienda rischia di prendere fino a 250 quote. La quota è proporzionale alla grandezza dell’azienda, e può arrivare fino a 1.500 euro. Le multe sono ammende, quindi sfociano nel penale. Si parla di traffico illecito di rifiuti. Da un lato c’è la Legge 152 che determina la gestione dei rifiuti, dall’altro c’è la Legge 231 che riguarda la responsabilità di impresa. Altro problema sono i Soa, sottoprodotti di origine animale, che hanno una gestione meno tassonomica dei rifiuti.

Un’azienda che produce salumi, formaggi o altro produce pochi rifiuti Soa, ma deve comunque controllarli, anche perché un eventuale coinvolgimento in un traffico illecito di rifiuti è un boomerang devastante sull’immagine aziendale. Di particolare i Soa hanno il fatto che non sono obbligati ad avere un registro. Le aziende produttrici, comunque, devono sempre controllare – tramite targa – che gli automezzi che si occupano del ritiro dei Soa abbiano le autorizzazioni adeguate.

Quello che fa scatenare il dolo, nel traffico illecito di rifiuti, è l’inosservanza. È esclusa l’inosservanza solo se l’azienda dimostra di aver realizzato ed efficacemente applicato un modello atto a prevenire reati come quello che si è verificato. Un bel problema dunque ma che si può risolvere digitalizzando il processo. Il discorso è solo all’inizio. Seguiteci, approfondiremo tutto sulle nostre riviste.

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