Il pet è o no un problema ambientale da affrontare? Solo Esselunga sembra essersene accorta

2022-08-22T09:11:52+02:0022 Agosto 2022 - 09:11|Categorie: Il Graffio, in evidenza, Retail|Tag: , , |

Di Luigi Rubinelli

 

Gli italiani consumano 8 miliardi di bottiglie di pet all’anno, tutta l’Europa, invece, 46 mld. Come si vede il mercato potenziale del riciclo o di altri interventi come l’iniziativa A Buon Rendere che introduce un deposito di cauzione sull’acquisto delle bottiglie (in pet o in vetro, Peroni ha già rilanciato questa iniziativa). Quest’ultimo progetto coinvolge tutta la filiera: produttori di bottiglie, industrie confezionatrici, Gdo e distributori in generale. Va guardata con interesse per il grado di informazione verso il consumatore finale e il suo grado di sensibilità e coinvolgimento.

Per il pet e la sua raccolta bisogna guardare a Coripet che non dà nessun dato sul suo sito (leggi qui) della raccolta attuale ma indica nel 2029 il raggiungimento del 90% di bottiglie raccolte. Il problema vero sono i riciclatori che, francamente, latitano.

Qui e là alcune società della Gdo stanno incrementando la raccolta, nella Do avviene senza aspettare il ruolo delle centrali di riferimento che dovrebbero essere le prime a farsi carico di convincere senza se e senza ma le imprese associate a raccogliere tempestivamente nei negozi il pet portato dai consumatori. I primi tre gruppi per fatturato della Gdo, Conad e Selex e Coop sembrano davvero lontane da questo traguardo.

I bilanci di sostenibilità non ci aiutano a capire chi fa che cosa, tranne il caso di Esselunga che ha al suo attivo ben 50 negozi (su 169) che ospitano il compattatore con Coripet per il ritiro del pet (vedi qui). Probabilmente altri ancora se ne aggiungeranno.

L’iniziativa è partita con l’inaugurazione del nuovo formato del superstore a Brescia Triumplina alla fine del 2019. Al 2021 Esselunga ha raccolto 4 mio di bottiglie di pet (dal bilancio di sostenibilità 2021), ovviamente poca cosa rispetto agli 8 mld di bottiglie consumate in Italia, ma è di fatto l’unica catena della Gdo a fare comunicazione integrata (nei negozi e in tutti i documenti prodotti, oltre che nel bilancio di sostenibilità) lavorando sull’educazione al consumatore in modo organico.

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Le fotografie del filmato mostrano come Esselunga sta facendo educazione al consumo e invita alla raccolta. Ovviamente l’attrezzatura e la comunicazione cambia da negozio a negozio e si adattano alla superficie, ma sono comunque ben visibili.

L’estate che sta finendo, con i suoi drammatici e per molti versi nuovi, catastrofici eventi, dovrebbero suggerire a tutta la filiera alimentare di prendere davvero posizione sull’impatto ambientale delle loro attività, negozi della Gdo compresi. Invece stiamo ancora assistendo a prese di posizione sulla riduzione dell’Iva o alla volontà di classificazione di aziende energivore. Tutto vero, ovviamente, ma forse sarebbe il caso che le aziende della Gdo guardassero un po’ oltre il loro naso e diventassero paladini dell’ambiente per la tutela dei loro interessi e di quelli dei loro clienti. Ma a parte Esselunga per il momento nessuna azienda può definirsi tale. I bilanci di sostenibilità dei leader (leggi qui di Conad, di Selex e di Coop) parlano molto di donazioni a vario titolo, ma poco di riduzione di Co2 e pochissimo di economia circolare, come nel caso di raccolta del pet.

Forse non hanno davvero capito che è inutile continuare a scrivere che l’ambiente e la natura vanno difesi, perché la natura sa difendersi da sola, lo dice la storia del pianeta. Il problema è difendere l’uomo che è effettivamente attaccato dalla natura e rischia l’estinzione in modo progressivo ma inequivocabile.

Ci vuole un pensiero lungo per affrontare la crisi ambientale e climatica e tutte le imprese sono chiamate a farlo.

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