Rimini – Marco Bernardi, classe 1977 e presidente di Illumia, società italiana che opera nel mercato libero dell’energia elettrica e del gas naturale, ha le idee molto chiare su quelli che sono i limiti/le opportunità offerti dalla transizione energetica e dalle nuove tecnologie. Per traghettare la sua azienda attraverso le turbolenze dei mercati, ha ideato una strategia che poggia su tre pilastri e che ben si adatta a ogni modello di business.
Di seguito, il suo intervento integrale al convegno ‘La sicurezza energetica del Mediterraneo’ che si è tenuto il 22 agosto al Meeting di Rimini.
“Disegnare una strategia per un operatore elettrico delle nostre dimensioni è complesso e richiede tanta flessibilità, perché i cambiamenti sono sempre molto repentini. Se dovessi individuare una precondizione alla creazione di una simile strategia è la creazione di una visione personale e aziendale del contesto di mercato. E che parta possibilmente da dati di realtà e non da quello che si desidera. Sembra banale o scontato, ma non lo è.
Ci sono due visioni diverse sulla transizione energetica. C’è chi dice, come l’Agenzia dell’energia di Parigi, che la transizione galoppa a gonfie vele trainata dalle rinnovabili e chi, come me, guarda a questa transizione in modo più cauto e realistico. Ovvero guardando i dati reali: l’energy institute, qualche settimana fa, ha pubblicato dati chiari a livello mondiale: i consumi energetici stanno aumentando, oltre il 2%, e le materie prime per la produzione elettrica vedono ancora il petrolio al primo posto del ranking. Il carbone in valore assoluto addirittura cresce. È vero che c’è una crescita nella produzione di energia rinnovabile e soprattutto degli investimenti nel rinnovabile, ma questo avviene soprattutto nelle economie avanzate, dove c’è meno bisogno. Le emissioni sono però concentrate soprattutto nel Sud del mondo, dove questi investimenti non avvengono. In Italia e in Europa la situazione non è molto diversa.
Un interessante articolo pubblicato dai ricercatori Enea indaga se l’impatto delle due crisi – quella pandemica e quella Ucraina – ha creato cambiamenti strutturali nel settore elettrico. Le conclusioni mostrano che tra il 2019 e il 2023 c’è effettivamente stata una riduzione negli shock dei consumi e conseguentemente fino al 10% in meno di emissioni. Uno step ulteriore mostra però che a trinare giù i consumi sono stati fattori esogeni e non strutturali: la chiusura delle aziende durante la pandemia, le temperature sopra le medie, i prezzi alti per la crisi Ucraina. E allora normalizzando i numeri si vede che siamo addirittura più indietro rispetto al 2019 per raggiungere gli obiettivi 2030.
C’è allora chi pensa che serve continuare ad alzare l’asticella degli obiettivi, magari posticipando le deadline, e chi invece pensa che bisognerebbe cambiare. Questo è importante saperlo nella creazione della strategia, perché diversamente, se non si guarda la realtà per com’è, il rischio è una deriva ideologica. Diversamente da quello che si più pensare, tutto questo è più vicino alla vita delle aziende di quanto si potrebbe pensare. Un piccolo aneddoto sulla nostra realtà: noi abbiamo un’azienda nel gruppo a cui appartiene Illumia, nata quattro o cinque anni fa, che si occupa della vendita di gas nel mercato finale e che ha voluto costituirsi come società Benefit, che come sapete è una società che dichiara di conseguire obiettivi di profitto ma anche una diffusa socialità e sostenibilità. Ogni anno c’è un certificatore esterno che verifica e misura il raggiungimento di questi obiettivi e giustamente ogni anno, al pari della crescita dell’azienda, pungola l’azienda affinché questi obiettivi vengano aumentati. L’anno scorso, dopo una fase di start up e crescita importante, il certificatore, non trovando delle ‘portate a terra’ più semplici per la riduzione elle emissioni, ha pensato bene di vincolare la certificazione alla riduzione della vendita di gas. Sostanzialmente ci ha chiesto di cambiare business: l’unico modo per non inquinare è smettere di vendere quello che stai vendendo. Questa è una deriva evidentemente ideologica. Non abbiamo chiuso l’azienda ma il contratto con il certificatore e ne abbiamo trovato uno più ragionevole e meno ideologico. Un noto economista ha affermato che una buona idea è tale quando incoraggia.
Tornando a Illumia, in questi quattro anno di crisi abbiamo cercato di trarre qualche lezione da questo momento complesso. E abbiamo individuato tre linee guida che, in modo umile e prudente, cerchiamo di perseguire. La prima, che nei momenti di crisi l’asset migliore sono i clienti: se sei stato in grado di costruire una relazione con loro – sembra controintuitivo, visto che nelle crisi il cliente è più attento al prezzo e meno disponibile a pagare – ma nella nostra esperienza se si è creato un dialogo c’è lo spazio per non vedere il prezzo come unica variabile; questo ci ha permesso di passare da 500mila clienti a un milione nel 2024.
La seconda, che le tensioni geopolitiche non sono l’eccezione ma la regola nel nostro settore. E allora per la prima volta, forse perché la ‘botta’ è stata più forte, abbiamo capito che dovevamo metterci in discussione. Quindi abbiamo creato un modello di business sostanzialmente opposto rispetto a quello che avevamo: noi siamo sempre stati un grossista puro, ma abbiamo deciso di essere meno dipendenti dal mercato e dalla sua volatilità e di entrare nella produzione rinnovabile, scontrandoci con tutte le contraddizioni della transizione, perché se da una parte vengono sponsorizzati questi interventi capita di costruire impianti e dover aspettare tre anni per gli l’allacci. Cose da terzo mondo.
La terza linea guida riguarda l’intelligenza artificiale e le nuove tecnologie. Quello che abbiamo capito o pensiamo di aver capito è che nel nostro settore l’applicazione migliore per queste nuove tecnologie è l’analisi dei dati e non la sostituzione delle persone che gestiscono i clienti. Se vogliamo mantenere una relazione, la relazione deve essere umana. E allora, visto l’incremento delle rinnovabili, ci siamo dotati già anni fa di professionalità capaci di usare l’intelligenza artificiale per fare previsioni metereologiche. Se le rinnovabili aumentano, la capacità di prevedere piovosità, l’irraggiamento o la ventosità ti dà un valore aggiunto nella capacità di prevedere la creazione del prezzo dell’energia e questo crea efficienza negli acquisti. Determinando anche spazi di extra marginalità, che possono essere condivisi tra l’azienda e il cliente. Quindi sì, i momenti di crisi possono essere una leva per la crescita dell’azienda, a patto che succeda quello che afferma Einstein: che non c’è merito senza crisi. Deve esserci una disponibilità a mettersi in discussione e non essere pigri”.