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Nestlé: una figura da cioccolatai

2021-06-18T12:39:10+02:0018 Giugno 2021 - 12:39|Categorie: Dolci&Salati, in evidenza|Tag: , , , , |

L’Ad della multinazionale svizzera risponde all’articolo del Financial Times: “Distorti i risultati di uno studio australiano. Solo il 30% dei nostri prodotti non è sano”.

“Le informazioni diffuse dal Financial Times sulla salubrità dei prodotti Nestlé sono state riportate in modo non corretto e distorto”. Così l’amministratore delegato e presidente di Nestlè Italia e Malta, Marco Travaglia, ha commentato le notizie circolate nei giorni scorsi sui prodotti della multinazionale svizzera. In un documento interno della società, preparato all’inizio dell’anno corrente, e ripreso in un articolo del quotidiano britannico, infatti, sarebbe emerso che la maggior parte dei cibi e delle bevande prodotte dal colosso alimentare sono malsani. Stando all’articolo del Financial Times solo il 37% delle referenze prodotte da Nestlé ha ottenuto un punteggio di oltre 3,5 punti in un sistema di valutazione australiano con un punteggio massimo di 5 stelle. Secondo il quotidiano finanziario, il documento metterebbe in luce che circa il 70% dei prodotti alimentari, il 96% delle bevande e il 99% di pasticceria e gelati, non raggiungerebbe quella soglia.

Ma l’Ad di Nestlé non ci sta. E replica all’articolo del Financial Times. “Questa vicenda ci ha lasciati sconcertati, perché si fa riferimento a un giudizio interno che Nestlé stava facendo sul sistema di valutazione adottato in Australia, uno dei criteri che noi prendiamo in considerazione quando facciamo delle valutazioni nutrizionali sul nostro portafoglio prodotti. Il tema affrontato dal quotidiano britannico è completamente ingannevole: la parte che noi abbiamo analizzato è quella che compete l’offerta Nestlé, ma c’è fuori tutto un ulteriore 50% del nostro portafoglio prodotti che non è interessato come, ad esempio, la parte della nutrizione infantile, del caffè, l’alimentazione per cani e gatti”. Ma anche il Financial Times aveva già dichiarato che i dati riportati escludevano i prodotti per bambini, il cibo per animali, il caffè puro e gli alimenti per persone con condizioni mediche specifiche.

D’altro canto, Nestlé ha ammesso che un terzo dei suoi prodotti effettivamente non riscuote un punteggio alto in termini di salubrità: “Alimenti come le barrette, o come il cioccolato sono tra questi, ma la quota si aggira attorno al 30%”. È proprio su queste categorie, come spiega l’amministratore delegato, che la multinazionale stava facendo una riflessione, perché c’è ancora una parte dei prodotti che non arriva al massimo dello star rating. “Negli ultimi dieci anni l’azienda ha ridotto il contenuto di zuccheri e sali rispettivamente del 14% e del 17%, ma è evidente che ci sono prodotti per i quali è necessario che il consumatore faccia un uso consapevole”, spiega. “Al di là del nostro impegno sul miglioramento nutrizionale, se vi sono difficoltà oggettive a perfezionare il portafoglio degli ‘indulgent food’ le abbiamo noi e le ha tutta l’industria”, sottolinea Travaglia.

A sorprendere, poi, è il documento ufficiale diffuso proprio ieri da Nestlé che mette in evidenza come nel 2020 il gruppo abbia generato 4miliardi di euro di valore condiviso in Italia, pari allo 0,24% del Pil, garantendo un importante contributo al sistema-Paese in un anno fortemente segnato dalle ripercussioni socioeconomiche dell’emergenza Coronavirus. Lo studio ‘Nestlé crea valore per l’Italia’ calcola, infatti, che nel Belpaese 1 euro di valore condiviso creato dalla multinazionale in fase di produzione ne generi 3,9 sull’intera filiera, con un significativo impulso anche sull’occupazione, grazie a un effetto moltiplicatore che, per ognuno dei 4.600 dipendenti del Gruppo, genera 12 posti di lavoro in Italia. Dai dati del documento, poi, emerge come la multinazionale continui a investire secondo un modello di business sempre più orientato alla sostenibilità, sia essa economica, sociale o ambientale. “Quanto emerso dallo studio conferma la grande fiducia dei consumatori verso le nostre marche e i nostri prodotti, riconosciuti buoni non solo per il palato, ma anche per le persone e per l’ambiente”, spiega Marco Travaglia, “Siamo lieti dei risultati raggiunti finora, che ci spingono a lavorare con ancora più convinzione e responsabilità per le nostre persone, per il Paese e per il pianeta”.

Insomma, per concludere: il 30% dei prodotti firmati Nestlè sono poco salutari. E se i consumatori decidono di comprare quelle referenze devono stare attenti e farne un uso consapevole. In tutto questo, la multinazionale svizzera ha fatto una figura da cioccolatai.

 

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