Non ci sono più i vecchi di una volta

2025-02-21T11:16:45+02:0021 Febbraio 2025 - 11:16|Categorie: Editoriali del direttore|Tag: , |

Il 24 e 25 gennaio ho partecipato alla due giorni, organizzata dall’associazione Impresa Persona Agroalimentare, a Milano Marittima (Ravenna). Il titolo era: ‘Tutti impazziti: clima, mercati, tecnologie. Come crescere nel caos?’. 10 sessioni, 36 relatori, 400 fra imprenditori e manager del settore. Un Forum ma soprattutto un raduno di amici, imprenditori e operatori del settore (siamo alla 22esima edizione), che discutono e s’interrogano in merito alle problematiche dell’agroalimentare.

Un evento a cui consiglio vivamente di partecipare, sia per il clima di lavoro sia per la qualità degli interventi. A un certo punto un relatore ha introdotto il tema del disagio giovanile dicendo: “I giovani non sono più quelli di una volta. A noi vecchi che eravamo abituati a orari di lavoro dal buio al buio – la mattina presto e la sera tardi – dicono che non va bene. Occorre lasciare spazio anche alla vita sociale. E forse hanno ragione loro…”.

Mi dispiace ma non sono assolutamente d’accordo. Una mentalità di questo tipo rischia di affossare il nostro Bel Paese. È una logica da Lorenzo il Magnifico: “Quant’è bella giovinezza che pur fugge tuttavia. Chi vuol esser lieto sia, del doman non v’è certezza”. Esattamente il contrario dei nostri padri che hanno risollevato l’Italia dopo la seconda Guerra Mondiale. Avevamo le città e le fabbriche distrutte dai bombardamenti, c’era la fame – quella vera, che nessuno di questi ragazzi ha mai provato, – la miseria. Nei ricordi di mio padre c’erano, ancora vive nella mente, le tre patate e un pezzo di pane nero, che trovava sulla tavola dopo una giornata di lavoro alla Breda di Sesto San Giovanni. Eppure c’era la speranza. Quella che ti permetteva di andare oltre l’ostacolo, di sposarsi, di fare figli. Abitavamo in una casa di ringhiera: uno stanzone sotto che fungeva da cucina, la camera da letto al primo piano senza riscaldamento. D’inverno ci si metteva il cappotto sopra il pigiama e l’ombrello se pioveva. Il gabinetto, una turca puzzolente, era fuori. Senza luce elettrica, di sera si usava la candela. Il bagno? Una volta alla settimana nel mastello dove si lavavano i panni. Quando ci trasferimmo in una casa popolare – avevo dieci anni – con il bagno e una cameretta tutta per me e mia sorella, mi sembrava un sogno.

Oggi invece questi ragazzi hanno tutto. E quella vita sociale di cui si parlava prima è fatta di aperitivi, estetista, pilates o palestra, weekend più o meno lunghi. Ma mancano le due dimensioni che hanno permesso ai loro padri e madri di crescere: il sacrificio e il rischio. Il sacrificio – dal latino sacrificium, sacer + facere, ‘rendere sacro’ – ovvero quella posizione umana che implica il fare fatica, il conquistare la vita. E che la rende più gustosa. Come quando in montagna si arriva alla vetta. Il rischio, sia umano sia imprenditoriale, che ti permette di guardare oltre. Che ti fa dire di sì a una donna o a un uomo ‘finchè morte non vi separi’. E di fare figli. Per l’imprenditore, di accettare nuove sfide.

Ricordo mio figlio che, anni fa, nel vedermi tornare tardi la sera mi diceva: “Papà, basta con il lavoro…”. Oggi che ha un’agenzia con 60 dipendenti, non guarda più le ore ed è forse peggio di me… Ecco che si ritorna a prima, alla nuova mentalità ‘gaudente’ dominante.

Ma i vecchi del titolo cosa c’entrano? Purtroppo sono quelli che hanno permesso tutto questo. Nel tentativo di evitare la fatica e il dolore ai propri figli li hanno protetti, vezzeggiati, trastullati. Sono diventati ‘amici’. E così ci troviamo di fronte a una generazione di debosciati e senza palle, tranne eccezioni naturalmente. Elucubrazioni di un 70enne in vena di amarcord, penserà qualcuno? Può essere.

Mi consola una mia nipote. Giorni fa mi raccontava che a scuola ha studiato le denominazioni delle varie generazioni: Baby boomers, Generazione X, Millennials e altro ancora. Quando le ho chiesto: “Bene, quindi io sono un baby boomer. Ma cosa vuol dire?”. Ha sorriso e poi è andata a giocare. Rispondo io per lei: “Siamo i quasi rincoglioniti. Ma forse anche i più saggi…”.

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