Pianeta terra festival (1). Dalla sostenibilità alle comunità naturali: è il nuovo paradigma

2024-10-07T08:54:27+02:007 Ottobre 2024 - 08:54|Categorie: Mercato|Tag: |

Di Giulio Rubinelli

Parlando di sostenibilità (ambientale e economica e sociale) c’è una nuova parola d’ordine, un paradigma storico, che sta emergendo nella sua interezza: quello delle comunità naturali. Un paradigma che riesce a fondere contemporaneamente ambiente e genere umano. È un modo di leggere il passato e il presente che sta permeando le nostre vite e che riesce a proiettare nel futuro una lettura sì storica (l’evoluzione dell’uomo e della natura di Darwin) ma con evidenti agganci con l’attualità.

È uno scenario più completo e complesso del quale ha dato conto Pianeta Terra Festival, tenutosi a Lucca nei primi giorni di ottobre, alla sua terza edizione. Un luogo e una serie di incontri che ha surclassato qualsiasi convegno sulla sostenibilità per l’ampiezza dei tempi trattati e per la incisività degli approfondimenti.

Si interroga e ci interroga il curatore del Festival, Stefano Mancuso (neurobiologo vegetale, scienziato di fama mondiale che studia l’intelligenza delle piante e divulga l’importanza, la bellezza e la straordinarietà del mondo vegetale): perché numerosissime specie investono una parte significativa delle loro energie nel soccorso degli individui più deboli presenti all’interno delle loro comunità?

Chi sopravviverà in futuro?

A prima vista sembrerebbe un comportamento illogico e incomprensibile a meno di ricorrere alla morale. Per spiegarlo bisogna cominciare dalle basi della teoria evoluzionistica, da quella lotta per l’esistenza che Darwin intende in maniera prevalentemente metaforica e che i cosiddetti darwinisti sociali travisano. A causa loro, infatti, passa l’idea della vita come un’arena in cui prevale il migliore. Una banale e inesatta rappresentazione della teoria dell’evoluzione.

In realtà Darwin ha un’idea differente dell’evoluzione: non è il più forte o il più furbo o il più intelligente a sopravvivere, ma il più adatto. È un’idea rivoluzionaria che non ha nulla da spartire con la banale visione gladiatoria della vita. Chi sia il più adatto, infatti, non è dato saperlo. Poiché non è possibile prevedere il futuro, non possiamo conoscere a priori quali saranno i requisiti che renderanno alcuni individui più adatti a sopravvivere. Così, una delle strategie più efficaci che una comunità può adottare è quella di aiutare ciascuno dei molti individui che la compongono. Indiscriminatamente. È per questo che molte comunità naturali praticano il “mutuo appoggio”. Gli individui o le comunità più adatte, infatti, in barba ai darwinisti sociali e alle loro banali esaltazioni del migliore, sono senza dubbio quelle cooperative.

La cooperazione, infatti, il mutuo appoggio o, come si usa dire oggi, la simbiosi, è uno dei motori fondamentali dell’evoluzione.

Nelle comunità naturali, la competizione fra individui ha efficacia soltanto in presenza di due condizioni: un ambiente favorevole e stabile e un’abbondanza di risorse. Quando uno di questi fattori non è presente, il mutuo appoggio è di gran lunga il sistema più efficiente per garantire la sopravvivenza di tutti. E questo è ancor più vero in condizione di scarsità di risorse, contrariamente a quanto suggerisce il senso comune che vede nella competizione la carta vincente! Se avessimo ragionato in termini di specie, il mutuo appoggio sarebbe stata l’opzione naturale, ancor prima di diventare una scelta morale.

Stefano Mancuso (e Darwin), in pratica, ci invitano a passare dall’io al noi.

L’esempio di comunità naturale visto da Sofidel

Ecco, allora, un esempio concreto del nuovo paradigma. Lo racconta Luigi Lazzareschi, Ceo di Sofidel (3,129 mld di euro di fatturato, presente in 17 paesi con diversi brand, fra cui Regina, 7mila lavoratori, un ebitda del 21,11%) sottolineando il valore del paradigma delle comunità naturali ricorda un evento accaduto il 1° giugno del 1988: lo stabilimento principale di Soffass (poi Sofidel) a Porcari (Lu) fu raso completamente al suolo da un incendio. Le attività ripresero quasi subito spostando diverse centinaia di lavoratori nelle aziende concorrenti, permettendo la produzione dei brand di Sofidel. Fu un atto, ricorda Lazzareschi, di cooperazione impressionante, che incise su tutto il distretto industriale lucchese, che diventò il modello base per parlare adesso di Comunità naturali.

Gli fa eco Mario Pardini, sindaco di Lucca: le piante tagliate lasciano nel terreno un ceppo che rimane in vita grazie alle piante che lo circondano e a tutto l’eco-sistema.

È il noi che si impone sull’io.

Dall’Io al Noi

Sul valore del Noi si era incentrata la 29esima edizione de Linkontro di NielsenIQ, nel 2013. Vincenzo Perrone, professore ordinario di Organizzazione aziendale dell’Università Bocconi, sintetizzò i punti chiave del concetto del ‘noi’ in questo modo: “Il prestigio e la distintività, la condivisione degli obiettivi, la frequenza di interazione e cooperazione tra i membri, il numero di bisogni dell’individuo soddisfatti all’interno, l’assenza di eccessiva competizione”. Per Perrone era necessario trovare un punto di incontro tra il collettivismo e l’individualismo per uscire da una crisi che proiettava davanti a noi un futuro di opportunità decrescenti. Una parte cospicua della popolazione vedeva messi a rischio sia la soddisfazione dei propri bisogni primari che la propria sicurezza. In queste condizioni i bisogni di appartenenza cessavano di essere motivanti e ciascun individuo lottava-lotta per la sopravvivenza in modo egoistico cercando di sopraffare gli altri. Bisogna impegnarsi a correggere queste distorsioni, sottolineava Perrone, figlie della disuguaglianza, trovando un equilibrio tra l’io e il noi. “Non basta però solo l’interesse comune a tenerci insieme – notava Perrone – Servono invece luoghi intermedi di aggregazione dove si impara a stare insieme e dove è più facile sviluppare l’identificazione con il gruppo. L’avvenire ha sempre una dimensione sociale”.

Fonte: pianetafestivalterra.it

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