Riccardo Polegato (La Viarte) sui vini naturali: “Un’abile strategia di marketing e un inganno per i consumatori”

2024-12-19T09:20:55+01:0018 Dicembre 2024 - 16:47|Categorie: in evidenza, Vini|Tag: , , |

Prepotto (Ud) – Riccardo Polegato, titolare insieme alle sorelle Luana e Giorgia della cantina La Viarte di Prepotto (Ud) sui Colli Orientali del Friuli, si schiera apertamente contro la moda dei vini naturali, negli ultimi anni largamente valorizzati dalla critica e dal mercato.

Secondo Polegato, lo stesso concetto di ‘vino naturale’ non ha “alcuna base legale o regolamentazione ufficiale: non esiste, infatti, un ente di controllo che certifichi cosa sia effettivamente un vino naturale e cosa no”, lasciando spazio a “interpretazioni arbitrarie e pratiche di marketing ingannevoli”.

Per Polegato, ‘naturale’ è quindi un termine “privo di rigore che gioca sulla percezione del consumatore”. Non solo. La narrativa che accompagna queste etichette “spesso sottintende che i vini prodotti in modo convenzionale siano in qualche modo ‘artefatti’ o ‘inferiori’. Questo è profondamente fuorviante, perché la viticoltura convenzionale è regolamentata da norme precise, con controlli rigorosi sulla qualità e sulla sicurezza del prodotto”.

Rispetto invece all’implicito messaggio che i vini naturali siano più salutari, si tratterebbe di una “semplificazione che rasenta l’inganno, poiché la salubrità di un vino non dipende dal fatto che sia naturale o meno ma, piuttosto, da fattori come il contenuto di solfiti (che, peraltro, sono presenti naturalmente anche nei vini cosiddetti ‘naturali’), la qualità dell’uva e i processi di vinificazione”.

In conclusione, secondo Polegato “il concetto di vino naturale è, nella migliore delle ipotesi, un’abile strategia di marketing; nella peggiore, è un inganno”. E aggiunge: “Da giovane produttore, suggerisco ai miei coetanei di informarsi con attenzione sul tema, per essere in grado di valutare con maggior consapevolezza le proprie scelte di consumo. E lo dico nella convinzione che temi come la trasparenza, la conoscenza e il rispetto per il lavoro dei produttori dovrebbero essere al centro del dialogo, non banalizzati e trasformati in etichette che servono solo a creare inutili divisioni”.

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