Washington (Usa) – È iniziato nella notte di lunedì lo sciopero di circa 45mila lavoratori in 36 porti statunitensi, localizzati sulla costa orientale del Paese e nel Golfo del Messico. Si tratta del primo sciopero indetto da 50 anni dall’associazione sindacale di riferimento, l’International Longshoresmen’s Association. Alla base ci sarebbero tensioni sul rinnovo del contratto, anche a fronte degli enormi guadagni registrati negli ultimi anni dalle compagnie di trasporti marittimi. Non solo, al centro del dibatto ci sarebbero anche le preoccupazioni riguardanti l’automazione delle operazioni portuali, con la richiesta di imporre limiti che tutelino i posti di lavoro.
Lo sciopero potrebbe costare all’economia americana fino a 5 miliardi di dollari al giorno secondo stime JP Morgan, con pensanti ricadute sulle forniture globali. In vista delle agitazioni i principali retailer si erano infatti tutelati, facendo scorte preventive o dirottando le spedizioni in altre località, ma se il blocco dovesse durare più di una settimana l’impatto potrebbe diventare molto significativo per le catene di fornitura globali.
Secondo Coldiretti lo sciopero potrebbe influire anche sull’invio di prodotti alimentari dall’Italia, pari a 6,4 miliardi di euro nel 2023. “Ogni anno oltre il 95% in valore delle esportazioni agroalimentare tricolori raggiunge gli States via mare (rispetto al 63% del totale generale), con vino, olio d’olivo e pasta a guidare la classifica dei prodotti più acquistati. Gli Usa rappresentano anche il primo sbocco commerciale extra Ue per il cibo Made in Italy, e il terzo a livello mondiale”, scrive Coldiretti.