Bologna – In un’intervista a Il Corriere Economia Alberto Vacchi, presidente e ceo del Gruppo Ima, racconta le strategie adottate dalla multinazionale del packaging – che realizza all’estero più dell’88% del fatturato – per contrastare gli effetti dei dazi americani.
“La risposta più facile sarebbe quella di rivolgersi ad altri mercati che stanno crescendo. Ma di fatto, pur essendo necessario guardare anche altrove, produrre per vendere negli Stati Uniti è assolutamente cruciale”, afferma Vacchi. “Non bisogna allontanarsi, ma stare più vicini al mercato americano, cercare alleanze, industriali e finanziarie, aumentando le nostre capacità di produrre ed assemblare Oltreoceano”. L’azienda ha di recente inaugurato uno stabilimento a Buffalo, con un investimento di 25 milioni.
Ima starebbe inoltre “valutando l’aggregazione” con un grande gruppo internazionale, tra Europa e Stati Uniti. “Il nostro obiettivo è la crescita organica, solo con quella potremo arrivare a fatturare un miliardo in più rispetto ai 2,3 miliardi del 2024 nell’arco di cinque o sei anni”, afferma Vacchi. “Ma se trovassimo anche un’alternativa attraverso un’operazione straordinaria potremmo raddoppiare le nostre dimensioni. Riceviamo proposte di fusione, di alleanze nelle varie catene industriali. […] Essere sul mercato con dimensioni più significative avrebbe ricadute positive anche sui margini”.
E in merito al fallimento della fusione con Promach, aggiunge: “Dopo un’attenta analisi ci siamo fermati. Promach ha grandi capacità e competenze, ma non c’erano i presupposti per una fusione”. Nel futuro dell’azienda ci sarebbe anche un ritorno in Borsa: “Post crescita organica o post fusione vorremmo che Ima tornasse quotata. Dopo il delisting del 2021 abbiamo avviato la trasformazione dell’azienda che è cresciuta e ha un margine operativo più che raddoppiato. Vediamo se ci saranno le condizioni”.