Jolanda di Savoia (Fe) – In dieci anni Federico Vecchioni ha trasformato una società agricola da 9 milioni di fatturato in un colosso da 1,3 miliardi e una capitalizzazione superiore al miliardo. Sono i numeri della holding Bf, quotata dal 2017 a Piazza Affari. Nel 2014 ha rilevato gli asset di Bonifiche ferraresi, storicamente di proprietà della Banca d’Italia e oggi l’azionariato vede Dompè con il 24,98%, Federico Vecchioni attraverso club deal Arum con il 23,09%, Fondazione Cariplo con il 7,29%, Eni con il 5,32%, Ismea con il 4,32%, Intesa Sanpaolo con il 4,27% e altri.
La holding, oltre a possedere terreni agricoli, si occupa di sementi, agricoltura di precisione, trasformazione (con varie partecipazioni in aziende), e distribuzione con NaturaSì. Intervistato sull’ultimo numero di Capital, l’Ad Vecchioni, che è anche proprietario del 25% dell’editore di Panorama e La Verità, dichiara: “Siamo stati capaci per la prima volta di integrare agricoltura, industria e finanza, e di avere una visione di grande respiro. Poi c’è stato anche un incontro tra me e Vincenzo Gesmundo, segretario generale di Coldiretti, ma questa è una storia lunga da raccontare”. Tra 10 anni, prosegue, Bf sarà “il primo agricoltore del mondo: un grande gestore del capitale terra mediante alte tecnologie, un’impresa agricola in grado di muoversi su diverse tipologie, diversi continenti e diverse vocazioni. […] Oggi non c’è al mondo nessun operatore agricolo integrato come noi, con le nostre dimensioni”. E il motivo, conclude, è che “c’è stata una sottovalutazione della terra come investimento di lungo periodo“.