Carloni (Lega): “A Bruxelles per cambiare Pac e Green Deal”

2024-05-27T14:42:32+02:0027 Maggio 2024 - 14:42|Categorie: Mercato|Tag: , , |

Intervista all’onorevole Mirco Carloni, presidente della commissione Agricoltura della Camera, candidato alle Europee per la Lega nella circoscrizione Centro.

di Andrea Dusio

Il presidente della commissione Agricoltura, Mirco Carloni, è tra i candidati alle elezioni europee. Originario di Fano, docente di giurisprudenza alla Lumsa di Rona, è stato vicepresidente e assessore alle Attività Produttive della regione Marche, ed è deputato dal 2022. Con l’esponente leghista parliamo del lavoro svolto a Montecitorio e degli obbiettivi della candidatura a Bruxelles.

Qual è il suo bilancio dopo due anni di presidenza?

Direi che si tratta di un bilancio decisamente positivo. Tra i provvedimenti che mi rendono più fiero del lavoro svolto posso citare la legge per la promozione e lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile nel settore agricolo, di cui sono stato primo firmatario: un provvedimento interamente dedicato ai giovani e che il settore attendeva da anni per fronteggiare il grave problema del ricambio generazionale. Posso ricordare, inoltre, l’approvazione della legge che vieta la produzione e l’immissione sul mercato di carne sintetica, nonché il divieto di utilizzare la denominazione ‘carne’ per i prodotti trasformati contenenti proteine vegetali. Per tutelare la redditività delle imprese agricole abbiamo, inoltre, approvato alla Camera una proposta di legge, trasmessa ora al Senato, che prevede che nella fissazione del prezzo di un prodotto, si tenga conto del costo necessario per la sua produzione. A queste si aggiungono le proposte di legge che sono ancora all’esame della Commissione Agricoltura, come quella per la promozione e la valorizzazione dei prodotti e delle attività dei produttori di birra artigianale; la proposta di legge per l’Istituzione dell’Albo nazionale delle imprese agromeccaniche; la proposta di legge che introduce sanzioni amministrative per l’impiego abusivo della denominazione ‘latte’ e di quelle dei prodotti lattiero caseari; la proposta di modifica delle legge 157 del 1992, solo per citarne alcune.

Nel programma presentato in vista delle elezioni europee, la Lega definisce “irrealistici” gli obbiettivi del Green Deal. Come andrebbe riscritto il patto per la transizione ecologica?

Nel 2022 l’UE ha contribuito solamente a meno del 7% delle emissioni globali, contro il 30% della Cina e l’11% degli Stati Uniti. Ancora più allarmante è il fatto che, mentre le emissioni di anidride carbonica nell’UE si stanno già riducendo, indipendentemente dall’entrata in vigore del Green Deal, quelle della Cina continuano a crescere, anche per la produzione dei prodotti ‘green’ destinati ai mercati europei. L’Unione europea ha trasformato la lotta al cambiamento climatico in obblighi e penalizzazioni che hanno solo avuto il merito di isolare l’Europa e renderla meno competitiva. Le politiche climatiche vanno certamente affrontate, ma occorre ridefinire obbiettivi e tempistiche con pragmatismo e buon senso, abbandonando sterili posizioni ideologiche.

In che modo occorre rendere realmente sostenibili le nostre aziende agricole e la filiera del food?

La sostenibilità delle nostre aziende agricole sta nella capacità di essere efficienti nel ciclo produttivo e nella gestione delle risorse naturali. In questo momento dobbiamo, pertanto, investire in innovazione, meccanizzazione e agricoltura di precisione.

Qual è la sua visione sul Nutriscore e le altre ipotesi di etichettatura ‘a semaforo’?

Il Nutriscore è un sistema di etichettatura ingannevole che finisce, paradossalmente, per escludere dalla dieta alimenti sani e naturali che da secoli sono presenti sulle nostre tavole per favorire prodotti artificiali. Basti pensare che alcuni gioielli del Made in Italy sono classificati con la lettera ‘E’ in rosso (il rating peggiore), ma lo stesso olio extravergine d’oliva può vantare appena una ‘C’, mentre bevande gassate e cibi ultraprocessati vengono promossi a pieni voti col bollino verde e la lettera ‘A’. L’introduzione di questo sistema penalizzerebbe i prodotti italiani a vantaggio delle grandi multinazionali che, nel tentativo di omologare la dieta mediterranea, cercano di condizionare le scelte dei cittadini.

In merito invece alle etichettatura di origine, cosa occorre fare nella prossima legislatura europea? Il sistema di tutela della nostra produzione esistente oggi è sufficiente?

Se il risultato è che prodotti di origine non italiana e appena arrivati nei nostri porti, con un minimo di lavorazione, finiscono per essere etichettati come italiani, con la sottile differenza che hanno qualità e un processo di lavorazione completamente diverso, è evidente che qualcosa non funzioni, per questo serve una modifica dei codici doganali.

Nelle ultime settimane si è molto parlato della peste suina e delle misure di contenimento che sono state adottate. Attualmente sono numerosi i cluster attivi sul nostro territorio. Cosa occorre fare per contrastare efficacemente il rischio ed evitare che si ripresenti in futuro?

La peste suina sta continuando a nuocere vittime con evidenti danni in tutto il settore. Questo è il risultato del fallimento delle politiche di gestione della fauna selvatica. Negli ultimi anni la presenza della fauna selvatica nel nostro Paese, in modo particolare degli ungulati, è costantemente aumentata e con la stessa proporzionalità sono aumentati i danni all’agricoltura, gli incidenti sulle vie di comunicazione e i rischi di epidemie virali. Serve una stagione di misure più efficaci sul territorio, a cominciare dalla riforma della Legge quadro in materia, che risale al 1992, tesa ad affrontare e risolvere il problema tramite il forte coinvolgimento del mondo agricolo e rurale in genere in sintonia con il mondo venatorio, per aumentare le possibilità e l’efficacia degli strumenti di gestione e garantire una densità dei capi delle diverse specie che sia funzionale alla corretta conservazione delle stesse ma che tenga conto delle prioritarie esigenze di sicurezza pubblica e di tutela delle attività economiche.

Se verrà eletto a Bruxelles, quali saranno le prime proposte che porterà per il settore agroalimentare?

Innanzitutto la revisione della Pac, che è diventata per l’Europa una forma di indennizzo per i costi della sua riconversione ambientale, quando dovrebbe essere una forma di sostegno al reddito e alla produttività delle aziende per superare il farraginoso e burocratico sistema degli eco-schemi. Vanno, inoltre, cancellati gli obiettivi irrealistici del Green Deal, capaci sono di affliggere le aziende già gravate dalle norme di condizionalità previste dalla Pac e dalle normative di settore. Il settore agroalimentare richiede l’elaborazione di una strategia per sopravvivere. Dobbiamo chiudere la partita dell’etichettatura di origine obbligatoria per i prodotti alimentari, per dare valore alle aziende e per informare correttamente i consumatori. Un altro problema grave del settore agricolo è la concorrenza – sleale di fatto, legale nella forma – da parte di Paesi che non sono tenuti a rispettare le regole valide in Europa e/o in Italia. È necessario inserire clausole specchio che tutelino il principio di reciprocità, garantendo che i prodotti agricoli importati da Paesi extra Ue soddisfino gli stessi requisiti richiesti ai produttori del paese importatore oltre agli stessi standard di produzione. Infine, dobbiamo respingere con forza il sistema di etichettatura nutrizionale “a semaforo” ed eliminare la burocrazia. Solo così l’agricoltura potrà tornare ad essere un fattore di sviluppo.

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