Stefano Berni (Grana Padano) risponde a Umberto Beltrami, presidente del consorzio Bibbiano la Culla

Desenzano del Garda (Bs) –  Pubblichiamo di seguito e integralmente la lettera inviata il 29 gennaio da Stefano Berni (in foto), direttore del Consorzio del Grana Padano, al direttore del Giornale di Reggio, in risposta ad un articolo di Umberto Beltrami, presidente del consorzio Bibbiano la Culla, pubblicato sull’edizione di sabato 27 gennaio.

Egregio Direttore,

desidero intervenire a seguito dell’intervento del Presidente Beltrami sul Giornale di Reggio di sabato 27 gennaio. La prima parte del suo intervento è riferito all’analisi sul similare, alle nostre iniziative per contrastarlo, che dimostra di conoscere bene, e all’acquisto per “confusione” che una fetta significativa di acquirenti del similare subisce inconsapevolmente quando si reca presso i punti vendita. In proposito esprime concetti che condivido e che affondano le loro radici non su una nostra sensazione ma in ricerche dettagliate, approfondite e sviluppate in tempi diversi anche da due prestigiose Università, quella del Piemonte Orientale effettuata nel 2012 e quella recentissima dell’Università Cattolica di Piacenza a fine 2017. Ciò che invece contesto scientificamente è la trasposizione che ne fa di questo principio tra il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano, ritenendo che quest’ultimo “succhi la ruota” del Parmigiano Reggiano avvantaggiandosi della “confusione” indotta sul consumatore. Non è assolutamente così perché in Italia il brand Grana Padano è notissimo, come dimostrano tutte le ricerche effettuate in questo senso, come è certamente notissimo il brand Parmigiano Reggiano. Ad esempio, una delle ultime ricerche in questo senso fatta da Ipsos, quello del noto Pagnoncelli, indica che nella top ten dei 10 brand più influenti in Italia nella categoria boomers (popolazione che va dai 53 ai 71 anni) oltre a 7 marchi mondiali come Google, Apple, Amazon, ci sono solo tre marchi italiani e cioè il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano e CoopItalia.

Per cui non esiste, almeno in Italia, la possibilità che il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano possano essere tra loro confusi dai consumatori. Né è interesse nostro che fosse così, anzi assolutamente no e sfido chiunque a dimostrare il contrario. Infatti tra i due big brand il consumatore sceglie consapevolmente e preferisce il Grana Padano perché lo ritiene migliore nel rapporto qualità prezzo. Tant’è che secondo i dati IRi Italia lo share del Grana Padano nelle famiglie è superiore al 50% e quello del Parmigiano Reggiano superiore al 30% e nelle quattro aree retail Nord Ovest, Nord Est, Centro Sud e Sud, il Grana Padano prevale ovunque compreso il Nord Est dove però i due prodotti sono molto più vicini rispetto al Sud e al Nord Ovest dove la superiorità delle vendite del Grana Padano oscilla tra il 60% e il 40% in più. Nella percezione di qualità del consumatore il Parmigiano Reggiano è davanti al Grana Padano tant’è che oggi è disposto a pagarlo mediamente anche il 35% in più. Quindi il consumatore italiano privilegia il Grana Padano perché costa meno, ha un gusto meno aggressivo ed è meno grasso, infatti secondo il codex alimentarius il Grana Padano è un formaggio semigrasso, essendo sotto il 45% di grasso sul secco. Si badi bene, non sono i miei giudizi ma evidenze scientifiche frutto di molteplici ricerche di più enti sul sentiment e sul percepito del consumatore. Altro motivo che vorrei addurre per confutare questa parte di considerazioni del Presidente Beltrami, che personalmente non conosco ma che stimo e apprezzo per la passione e competenza che mette nel giudicare il Parmigiano Reggiano, è la storia.

Il brand Grana Padano, nasce nel 1954 (64 anni fa) 16 anni dopo la nascita del brand Parmigiano Reggiano. Prima esistevano i “Grana” nelle loro accezioni provinciali quindi il “grana reggiano”, quello “piacentino”, quello “lodigiano”, quello “mantovano” ecc…I similari invece non hanno brand noto, sono solo di qualche anno fa e l’unico affermatosi nel mercato è il brand aziendale “Biraghi” che rappresenta solo poco più del 20% dei “duri da grattugia non Dop”. Ed eccetto “Biraghi”, nei tempi recenti non hanno mai fatto comunicazione e investito sui brand per renderli noti alla popolazione, differentemente dal Grana Padano e dal Parmigiano Reggiano che negli ultimi 30 anni hanno investito centinaia di milioni di Euro, il Grana Padano un po’ più del Parmigiano Reggiano, per comunicare al consumatore italiano e per rafforzare il loro brand. Sarebbe folle investire sul proprio brand per cercare di distinguerlo e renderlo noto, com’è puntualmente avvenuto, e poi confidare negli acquisti per confusione, sarebbe un “non sense” che ogni esperto di marketing e di consumer boccerebbe come irrazionale eresia.
Cioè sarebbe una vera e propria stupidaggine. Mai, e sottolineo mai, il Consorzio che dirigo oramai da oltre 19 anni opererebbe e accetterebbe di operare sulla confondibilità con il Parmigiano Reggiano. Siamo diversi, siamo distinti e facciamo di questa distintività la nostra forza, tant’è che progressivamente negli anni siamo cresciuti, seppur in modo ordinato e graduale grazie al Piano Produttivo da noi operativo fattivamente e in essere dal 2003 (15 anni), assai di più di quanto sia cresciuto il Parmigiano Reggiano la cui crescita produttiva si è prevalentemente accelerata, a mio avviso forse troppo, nel 2016 e nel 2017.

È ovvio che la libertà di opinione e di giudizio è un irrinunciabile valore della democrazia e rispetto assolutamente quella del Presidente Beltrami, ma i numeri, i dati e le evidenze scientifiche parlano diversamente a meno che il Presidente nella simpatica ironia dei suoi scritti non voglia ascrivere alla furbesca malizia di quei “diafoli (con la “effe” alla strumtruppen) dei padanisti” anche il fatto di essersi andati a scegliere un direttore generale nato, cresciuto e vivente nel comprensorio del Parmigiano Reggiano per alimentare la confusione e i “naif parmigianisti” se ne siano scelti uno nato e residente in quello del Grana Padano. Tra Parmigiano Reggiano e Grana Padano non c’è alcuna confusione, sono due grandissimi prodotti, traino dell’immagine e dell’export agroalimentare italiano nel mondo, ben diversi tra loro e proprio in questa diversità si radicano i successi italiani e mondiali del Grana Padano, oltre a quelli, ovviamente, del Parmigiano Reggiano. Sono notoriamente diversi, distinti e vanno tra loro nettamente separati sugli scaffali della Gdo, ma hanno alcuni nemici in comune che sono la contraffazione, l’emulazione, l’evocazione e i pericolosissimi similari.

E vanno combattuti in comune, confidando che il Manzoni nei Promessi Sposi, quando narra dei quattro capponi di Renzo, abbia insegnato qualcosa.
Ringraziando dell’attenzione e dell’evidenza che vorrà dare la sua testata a questa mia nota la saluto cordialmente.

Il Direttore Generale
Dott. Stefano Berni

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